Anfaa: l’adozione in pancia? Una sconvolgente proposta! Ai.Bi.: prima di giudicare, occorre informarsi

Non si comprende francamente la critica di alcune associazioni di famiglie adottive che si oppongono alla proposta di Ai.Bi. di promuovere le adozioni del nascituro, anche chiamate adozioni “in pancia”. Sterile e del tutto fuorviante, in particolare, la polemica innescata dall’associazione ANFAA che impropriamente accosta l’adozione in pancia alla denuncia di alcuni casi, recenti e meno recenti, di “illegittima sottrazione dei minori dai loro congiunti”. Si tratta di due situazioni che nulla hanno a che vedere fra loro.

Con riferimento all’articolo pubblicato sulla rivista “Prospettive assistenziali n. 178, aprile-giugno 2012, “L’adozione “in pancia”: una sconvolgente proposta dell’Ai.Bi.”, si contesta pubblicamente quanto in esso contenuto.

Non c’è peggior ignorante di chi vuol sentenziare su un argomento senza conoscere a fondo ciò di cui si disquisisce: è ovvio che le donne in gravidanza dovranno continuare a ricevere sostegno e consulenza; è altrettanto ovvio che la dichiarazione dello stato di adottabilità resterebbe un presupposto essenziale e verrebbe comunque dichiarata, come già adesso avviene, dai tribunali per i minorenni dopo la nascita del bambino; è ovvio, infine, che gli adottanti continueranno a dover essere formati, preparati e accompagnati nell’iter adottivo perché comunque in Italia l’adozione “fai da te” è vietata e dovrà continuare ad esserlo.

La vera essenza della proposta di Ai.Bi. è riconducibile a un unico e importante interrogativo: “Perché abortire quando puoi abbandonare?”. L’idea di proporre il completamento della gravidanza a chi vuole abortire è rivoluzionario non nella legge – che lo consente già – ma nella cultura: l’abbandono del minore alla nascita non è un vero abbandono quando rappresenta l’unica speranza di vita in luogo della morte. Si tratterebbe di una soluzione estrema che peraltro potrebbe anche avere l’effetto di far cambiare idea alle madri, le quali potranno comunque decidere di tenere il proprio figlio con sé dopo la nascita. Se ciò non avvenisse il minore sarebbe salvato da quell’ultimo ed estremo gesto d’amore e non sarebbe da solo neanche un giorno, perché quando il tribunale dichiarerà la sua adottabilità la nuova famiglia sarà già lì, pronta ad accoglierlo e ad amarlo da prima della nascita. La legge italiana che regolamenta l’aborto, contrariamente a quanto viene affermato e talvolta praticato, non riconosce alcun diritto di scegliere l’aborto ma afferma e tutela, al contrario, il diritto alla vita umana “dal suo inizio” e ha l’obiettivo di evitare che l’aborto sia usato ai fini della limitazione delle nascite (art. 1,  L. 22 maggio 1978, n.194).

È dunque importante che nel nostro Paese venga rafforzato il lavoro di cui la legge incarica i consultori familiari e, in genere, le strutture socio-sanitarie autorizzate. Questi, infatti, oltre a dover garantire i necessari accertamenti medici, hanno il fondamentale compito di aiutare la donna a superare i problemi che la spingono a contemplare la possibilità di interrompere la gravidanza.

Fra le possibili soluzioni esiste anche quella di portare a termine la gravidanza e di dare in adozione il nascituro, in applicazione delle norme che nel nostro Paese consentono alla donna di non riconoscere il figlio alla nascita (il parto anonimo).

È evidente che fra le varie soluzioni esiste una precisa gerarchia che, nel rispetto del diritto del minore a vivere nella propria famiglia d’origine e a non essere separato da questa per mere difficoltà materiali, vede in cima il mantenimento del legame tra gestante e nascituro. Il primo obiettivo della consulenza deve essere, dunque, quello di convincere la donna a tenere il bambino aiutandola a superare le difficoltà del momento.

Si dà appuntamento al Convegno ‘Oltre l’aborto, la speranza nell’abbandono’ a Monte Colombo, Rimini, dal 27 al 29 agosto: martedì 28 Kris Faasse, della ong statunitense Bethany Christian Service, e la giornalista Silvia Kramar presenteranno le buone prassi operative in America sull’adozione del nascituro.