Giuseppe Salomoni, quando l’abbandono incontra la speranza: “La mia seconda figlia adottiva ha ben tre madri!”

Io ho tre figli adottati. La mia seconda figlia diceva che di madri ne ha tre, arrivando a mettere in crisi la maestra di religione che insegnava ai bambini di avere due madri, quella nel cielo e quella in terra. Lei disse che ne aveva una in cielo, una che l’aveva fatta e un’altra che l’aveva adottata, suscitando reazioni nell’intera classe. ‘Che cosa ci posso fare se siete sfortunati, che ne avete solo due’, rispondeva”.
Così Giuseppe Salomoni, vicepresidente di Ai.Bi. e membro del movimento di famiglie adottive e affidatarie La Pietra Scartata, sul significato dell’abbandono, come scoperto durante i lavori della IX Giornata di studio di Ai.Bi.

Si abbandona perché siamo in un mondo imperfetto. Ma alla luce di quanto scoperto nel Convegno, un tradimento può effettivamente portare alla salvezza e così contribuire a rendere migliore il mondo?
Non credo si tratti di tradimento nel senso storico della parola. Assolutamente. Si tratta di un tradimento di salvezza. Le nascoste ragioni di una madre che abbandona non riuscivo a comprenderle, né a entrare nell’idea di accettare che una madre lasciasse un bambino. Non so che cosa pensi una madre in quel momento, nell’istante dell’abbandono; ma so che sono il fruitore di quell’atto di madre. Come genitore adottivo so che anzitutto è una madre che ha scelto di dargli la vita, è già questo non è così frequente. E poi ha scelto di “lasciare” questo figlio, cioè di farne un lascito che io raccolgo. Il mio è un atto di fratellanza.

E l’accoglienza inizia da quel momento, da un gesto di rifiuto?
Sì, decisamente.

Come fa a farlo capire ai suoi figli?
È l’attuale società che vede nell’abbandono un gesto negativo. Io lo spiego così, e i miei tre figli lo possono accettare in maniera diversa, perché tutti e tre lo vivono diversamente.

È un mondo imperfetto anche quello dell’accoglienza. Che ne sarà di tutti quei bambini che non troveranno mai una mamma o un papà?
Posso parlare di quello che ho visto in Bolivia. Giovani care leavers ai quali è stata chiusa la porta dell’accoglienza familiare. La famiglia è il treno che hanno perso. Ma da quello che ho visto sono giovani uomini e donne che sentono qualcosa di cui sono stati privati, e che, nonostante questo sanno accogliere essi stessi. Ho visto una madre boliviana,  che ha avuto la forza di accogliere la propria figlia biologica, sebbene fosse in grandi difficoltà, ed è una madre premurosa, per quanto lei stessa fu privata dell’accoglienza familiare. Dove li porterà nel futuro la loro privazione? Non lo so. Ma sono privazioni che possono generare qualcosa. Come la famiglia.