Maladozione: “Sono andati i nonni a prendere vostra figlia all’asilo? Non siete idonei ad adottare”

«Caro Gianluigi, innanzitutto ti abbraccio con il cuore! Capisco bene il vostro scoraggiamento… perché purtroppo è identico a quello mio e di mio marito in questo momento». È la lettera di solidarietà che Alessandra ha voluto scrivere a un genitore tentato dalla fecondazione assistita. La maladozione, il malore infiltrato in tutto il sistema italiano dell’adozione, ha sfogato i suoi effetti anche su di lei.

«A fine luglio – continua Alessandra – ci hanno notificato un Decreto di Non Idoneità. Abbiamo fatto ricorso e ad ottobre avremo la prima e forse unica Udienza di Appello. La relazione dei Servizi Sociali era negativa, talmente assurda e superficiale che tutti gli specialisti che ci stanno seguendo nel Ricorso (l’avvocato, la neuropsichiatra e la psicologa) hanno avuto parole … vogliamo dire “di ironia” sulla professionalità dei Servizi Sociali che ci hanno valutato.

Io e mio marito però non riusciamo a fare ironia; quello che vediamo è solo una bella famiglia che tre anni fa, con molto entusiasmo e grinta, ha iniziato questo percorso e che oggi si ritrova senza più la forza di combattere… derisa, snobbata e soprattutto umiliata in mille modi da queste persone. Le chiamo persone perché il termine “Dottoresse” non si addice al loro operato: hanno scritto nero su bianco nella relazione che siamo oggettivamente una coppia “salda e unita”, con una bimba (bio) “serena e per cui entrambe le figure genitoriali appaiono significative”. MA che non siamo idonei ad adottare perché … per esempio… nelle statue della nostra famiglia che ci hanno fatto rappresentare lo spazio per mia figlia era troppo stretto… oppure perché ho preso precauzioni per evitare una gravidanza durante questo percorso adottivo… oppure perché, per ragioni economiche, ho portato mia figlia al nido a 4 mesi…

Stamattina poi… un’altra umiliazione! Nella relazione e nel Decreto risulta (ma è errato) che a 4 mesi ho inserito al Nido mia figlia e ho cominciato subito a lavorare 8 ore al giorno… Ebbene, oggi a distanza di quattro anni sono dovuta ritornare a quel Nido e chiedere la cortesia all’educatrice che aveva curato con noi l’inserimento di consegnare alla Corte di Appello tramite il nostro avvocato una sua dichiarazione, in cui dicesse come sono andate realmente le cose: e cioè che per tutto il primo anno di vita di mia figlia sono sempre andata io (e non i nonni, come riportato nel Decreto) a prenderla nel primo pomeriggio. Stamattina non ce l’ho fatta più: sono scoppiata a piangere come una bambina tra le braccia della ex-educatrice di mia figlia…

Sono stanca… il nostro sano desiderio di dare una famiglia ad un bimbo che ne è stato privato si è trasformato per noi in un incubo: dover giustificare ed urlare l’amore che provo per mia figlia».

Alessandra