Unione degli Avvocati: quattro anni di affido sono un tempo infinito per un bambino

bambiniinsiemeBambini “parcheggiati” sine die in una comunità, nell’attesa infinita di tornare nella famiglia d’origine, quando questo sia possibile, oppure di procedere alla dichiarazione di adottabilità e di trovare dei nuovi genitori capaci di amarli ed accoglierli, per sempre.

Una mancanza di controlli rigorosi sui tempi e sulle motivazioni dell’affidamento. La necessità di dati precisi per avere un quadro completo dei minori fuori famiglia.

 L’Organismo Unitario dell’Avvocatura è sceso in campo per chiedere l’improrogabile creazione della banca dati di tutti quei minori che si trovano in un percorso di affidamento.

L’obiettivo principale dovrebbe essere quello di monitorare i bambini inseriti nel sistema di protezione alternativa alla famiglia, dunque in affidamento presso le comunità e le case famiglia.

L’allarme lanciato dall’OUA è quello del ricorso eccessivo all’uso dell’affidamento nonché della sua durata anche oltre i quattro anni, fino a che i minori divengono troppo grandi per essere adottati. Per questo l’OUA invoca “non semplici numeri Istat, ma una vera banca dati, ufficiale, contenente la data di entrata del bambino presso l’istituto, la sua età, la data di eventuale uscita per affidamento, la motivazione dell’eventuale lungo pernottamento, e/o del rinnovamento dell’affidamento”. Secondo l’avvocato Graziella Algieri, solo con questi dati sarà possibile avere “un quadro inequivocabile che accerti il punto o i punti del sistema non marciante, per poi proporre, conseguentemente, soluzioni e riforme necessarie”.

“Due o quattro anni all’interno di una casa famiglia o comunità sono un tempo infinito per un bambino”, queste le parole usate dall’avvocato Algieri, coordinatore della commissione famiglia dell’OUA che spiega come, in assenza di dati precisi sull’iter di accoglienza percorso da ogni singolo bambino, sia difficilmente individuabile la responsabilità dei ritardi fra tutti i soggetti coinvolti (fra cui i Tribunali per i minorenni, i Comuni e gli assistenti sociali).

Un aspetto particolarmente delicato che l’Organismo sottolinea è quello del denaro pubblico con cui vengono pagate le rette per le strutture di accoglienza dei minori in affidamento: una spesa che, stando ad alcuni dati del 2011, si aggirava allora intorno ad un miliardo di euro l’anno. Anche questo aspetto, secondo l’OUA, andrebbe investigato e approfondito.

Si allarga dunque l’attenzione di sempre più Enti sulla necessità di raccogliere i dati dei minori fuori famiglia, come la stessa Commissione Bicamerale per l’infanzia e l’adolescenza ha raccomandato venga fatto nel documento conclusivo della indagine sull’affidamento e l’adozione del 22 gennaio 2013.

(fonti: Il Sole 24 ore del 29 aprile 2013 e Giuda al Diritto, Il sole-24, Editoriale L’agenda del Guardasigilli, n. 15 del 6 aprile 2013)