Per promuovere l’affido, occorre fare rete. Non bastano le famiglie affidatarie, servono preghiere, babysitter e aiuti concreti

amy-graham-adopted-kidsSono giovani, sorridenti e hanno un obiettivo: aiutare i bambini a vivere in una famiglia. Aaron e Amy Graham vivono a Washington, ma hanno fatto la loro prima esperienza di affido diversi anni fa, quando entrambi lavoravano alla Quincy Street Missional Church in Dorchester. La coppia dedicava il suo tempo ad aiutare e recuperare i giovani a rischio del quartiere. “Uno dei questi, che aveva 16 anni, ci chiese aiuto e la possibilità di stare con noi un paio di notti… Si fermò a casa nostra tutta l’estate”. Dopo diversi anni di attività nel sociale e nell’assistenza di minori e di famiglie in situazioni di fragilità, i Graham hanno preso la decisione di adottare due bambini, Elijah e Natalie.

Adesso, trasferitisi a Washington, Aaron ha fondato, con la moglie, The District Church, di cui è pastore e insieme hanno deciso di mobilitarsi per cercare più famiglie volontarie, disposte ad accogliere in affido i minori, coinvolgendo la loro comunità e le altre chiese. “Dobbiamo invertire la tendenza: eliminare la lista d’attesa di tanti minori che aspettano di trovare una casa e avere invece una lista piena di famiglie disponibili all’accoglienza. Ma per far questo non possiamo essere soli. Dobbiamo fare rete, coinvolgere altre chiese e altri credenti”.

DC127, si ispira, anche nel nome, a gruppi simili nati in Arizona e in Colorado, che condividono una visione comune e il precetto della Lettera di Giacomo (1:27: Religione pura e senza macchia davanti a Dio Padre è questa: visitare gli orfani e le vedove nelle sofferenze e non lasciarsi contaminare da questo mondo).

“Noi non vogliamo semplicemente che le persone sottoscrivano un impegno formale pensando che è la cosa giusta da fare, senza realizzare quanto è difficile, nella realtà, accogliere in affido o in adozione un bambino”, spiega Aaron. “Quello che stiamo cercando di fare è di educare la nostra comunità su quanto è importante dare anche solo supporto e aiuto alle famiglie che hanno figli in affido o in adozione. Abbiamo bisogno di famiglie disposte all’accoglienza, ma anche di persone che preghino, che aiutino a preparare pasti, che diano la disponibilità a fare i babysitter…”

Un lavoro di rete, che proprio una comunità organizzata può sostenere. L’altro tema di impegno è quello di non sottovalutare gli aspetti interculturali e interraziali. “Troppo spesso le persone danno per scontato che, se per loro il colore della pelle non è un problema, non lo debba essere neanche per gli altri. Purtroppo non è così, ci sono ancora molte persone che guardano il mondo attraverso le lenti della razza. Quello che noi dobbiamo fare è impegnarci nell’educazione e nella costruzione dell’uguaglianza anche a livello culturale”.