Bolivia, «Vi racconto l’inferno dei bambini fuori famiglia»

sbarre new«Sono un testimone, perché sono un sopravvissuto alla mancanza di affetto fin da quando avevo tre anni».

Juan Carlos Baptista Valda ormai è un adulto, ma tutte le sue energie le spende per dare voce al dramma dei bambini che «quelli che vivono senza genitori in un istituto, dove la mancanza di affetto è comune, dove l’inverno arriva con più durezza, forse perché non c’è nessuno che ci dia niente». Si include ancora tra i ‘bambini abbandonati’, Carlos. Quando parla dei bambini fuori famiglia. Nonostante abbia quarant’anni, e la sua famiglia se l’è costruita come la sognava: con sua moglie ha messo al mondo due figli, continua a sentirsi un ‘bambino abbandonato’ pur avendo entrambi i genitori.

La sua vita assomiglia a una favola nera. Figlio di un giovane benestante e di una madre di origini più umili, ha pagato sulla propria pelle il rifiuto da parte della famiglia paterna di questa unione. Ricordando i dolori e le sofferenze della sua infanzia, amaramente ricorda: «Da bambino non riuscivo a capire perché mi avessero strappato alla persona più amabile del mondo, che era mia madre».

Per cosa poi? Per farlo vivere all’inferno. Perché come lui racconta, più volte dovette assistere e subire ogni forma di violenza e aggressione fisica o psicologica nei due istituti dove ha passato 14 anni della sua vita. Fino a quando, all’età di 17 anni decise di scappare, e per prendere in contropiede la sorte, non avendo un luogo dove andare, fece il servizio militare, ma anche quell’ “albergo” non durò a lungo. Quando dovette riconsegnare la divisa, si ritrovò solo, senza una casa e senza nessuno che lo aspettasse. Così per due anni visse per strada. Solo l’appoggio di alcuni educatori e dei suoi compagni di sventura gli permisero di superare ogni difficoltà.

Juan Carlos descrive fatti lontani nel tempo con l’enfasi di chi racconta tutto al presente, perché lui non vuol dimenticare. Mantiene vivi i ricordi delle persone che hanno segnato la sua vita, come l’educatore José Luis Sempertegui. Per lui un esempio e un modello da seguire.

Della sua storia, raccontata anche in tre libri, parla scuotendo la testa perché davanti ai suoi occhi il passato si accavalla al presente e lui non vuol far cadere nel silenzio il dramma dei 5mila bambini e adolescenti che in Bolivia non hanno una famiglia. Un’emergenza che nel Paese latinoamericano viene ricordata ogni anno, il 2 settembre nel “Giorno del mio diritto ad avere famiglia”.

fonte: Opinion.com.bo