Adozione internazionale: perché chiedere un mutuo? Basta abbassare i costi e scegliere Enti Autorizzati trasparenti

foto-mutuo350Una coppia modenese chiede un mutuo per adottare un bambino etiope e i media si stracciano le vesti.  Ma dov’è la notizia, verrebbe da chiedersi? Sono anni, infatti, che le coppie sono costrette a chiedere prestiti e finanziamenti, per poter adottare un minore straniero. Esistono persino prodotti bancari appositamente studiati e a misura di famiglia adottiva, così come convenzioni ad hoc fra Enti Autorizzati e istituti di credito. Organizzazioni come Ai.Bi., Amici dei Bambini, questo lo sanno bene. Dov’è, quindi, lo scoop?

E se da un lato questa è la triste realtà del settore, dall’altra c’è chi invoca a gran voce la gratuità delle adozioni internazionali. E’ stata lanciata infatti la settimana scorsa, da alcuni Enti Autorizzati per l’adozione internazionale, la campagna #AdozioneBeneComune, che mira a ottenere la detraibilità totale delle spese adottive e per la quale sono già stati presentati in Senato gli emendamenti del caso.

Si tratta di un obiettivo pressoché utopico, quello della gratuità, che denuncia scarso realismo, in un contesto in cui già solo l’abbassamento dei costi costituirebbe un risultato più che soddisfacente. La detraibilità totale, infatti, implicherebbe necessariamente coperture pubbliche per diverse decine di milioni di Euro, che al momento non sono per nulla ipotizzabili.

Ai.Bi., invece, la ricetta per una razionalizzazione vera dei costi ce l’ha, e poggia su alcuni interventi chiave.

Il primo passo da compiere sarebbe innanzitutto quello di abbassare le spese, introducendo la standardizzazione di certe procedure e stabilendo dei costi fissi per ogni paese estero, dove andrebbe impiegato – tanto per cominciare – personale dipendente, non più a cottimo. Una misura, quest’ultima, che permetterebbe anche di contrastare il fenomeno del mercato minorile, che il meccanismo a cottimo tende troppo spesso a incentivare.

In Italia, invece, si dovrebbe optare per un sistema regionalizzato, tramite la creazione di sedi locali più vicine alle coppie, sulla base di convenzioni e accordi integrati fra Enti, Regioni e servizi sociali, al fine di razionalizzare le procedure di accompagnamento con relativo risparmio di costi, ed evitare inutili e dispendiose duplicazioni, con conseguente abbattimento dei tempi.

In secondo luogo, alla CAI, Commissione per la Adozioni Internazionali, andrebbe assegnato un ruolo di monitoraggio rigoroso per evitare sforamenti del tetto massimo di spesa. Oggi, infatti, il limite imposto di 4.000 Euro (secondo le tabelle realizzate a suo tempo di comune accordo dall’Autorità Centrale e dagli Enti Autorizzati), viene sistematicamente violato, con costi complessivi delle procedure che raggiungono anche punte di 9.000 Euro.

Nel frattempo – nell’attesa cioè qualcuno ponga mano a una riforma seria del sistema adottivo internazionale – vanno segnalate alle coppie adottive alcuni espedienti per limitare i costi.

Innanzitutto, si consiglia di valutare bene l’Ente Autorizzato a cui affidarsi, valutando la trasparenza del relativo sito web: tutti i costi, infatti, devono risultare sempre chiari, leggibili, in evidenza. Una regola basilare che, a oggi, purtroppo, non tutti le organizzazioni  interessate osservano. E però possibile, navigando su internet, fare una scrematura fra enti che, pur operando nei medesimi paesi, risultano più o meno “costosi”.

Altro importante indice di affidabilità è rappresentato dalla presenza e dalla reperibilità di aggiornamenti relativi alle statistiche e ai numeri dei bambini adottati, delle coppie in attesa, e di dati analoghi.

Nei prossimi giorni, Ai.Bi. News realizzerà un servizio per le coppie, analizzando i singoli siti degli Enti Autorizzati e valutandoli in base a criteri di trasparenza.