Congo. Kyenge: “Le coppie non sarebbero dovute partire” Quartapelle: “Risposte insoddisfacenti” Griffini: “La prossima volta si confronti con gli Enti Autorizzati”

kyenge350Se le famiglie bloccate in Repubblica Democratica del Congo si aspettavano solidarietà e appoggio da parte del governo, saranno rimaste certamente deluse: rispondendo all’interpellanza urgente alla Camera di oggi, venerdì 13 dicembre, il Ministro per l’Integrazione, Cécile Kyenge, ha pensato di dare la colpa, fra gli altri, proprio a loro, le vittime del pasticcio.

A quanto pare, secondo il Ministro e Presidente della Commissione per le Adozioni Internazionali, le responsabilità di quanto accaduto sarebbero da ridistribuire equamente fra il governo congolese e le famiglie stesse: il primo avrebbe preso la decisione di bloccare le autorizzazioni in base “all’esigenza, tutta interna, di rivedere i vari passaggi delle proprie procedure di adozione, per fugare i dubbi di scarsa trasparenza o addirittura di corruzione”, mentre le seconde si sarebbero recate in RDC “indipendentemente dalla indicazione dell’Ambasciata italiana, senza che fosse avvenuta la consegna, da parte dell’autorità congolese al nostro organo diplomatico, dell’elenco della famiglie adottive, i cui bambini erano stati autorizzati all’espatrio.”

Delusa la firmataria dell’interpellanza, l’onorevole Lia Quartapelle, che guidava un gruppo di 46 parlamentari sottoscrittori: “Non si può dire che è colpa delle famiglie che sono partite senza le autorizzazioni necessarie. Non sono partite di loro spontanea volontà, non è così” ha dichiarato la deputata del PD. “La procedura adottiva richiede varie autorizzazioni e ci sono state una serie di accordi verbali tra le autorità italiane e congolesi che hanno dato spazio alle famiglie per credere che si potesse partire, e sono partite sulla base di una serie di assicurazioni che sono state date loro sia dal Governo sia dagli enti coinvolti.”

Si pronuncia “famiglie”, infatti, ma si legge “Enti Autorizzati”, i veri obbiettivi dello scaricabarile della Ministra. Perché le coppie, è sottinteso, non sarebbero partite se non glielo avessero consentito le organizzazioni che le assistevano. “Un’accusa che respingiamo al mittente” tuona Marco Griffini, Presidente di Amici dei Bambini. “Nessuno ha mai pensato di confrontarsi con noi, in particolare il Ministro Kyenge, che non ci ha mai chiamato in causa: in situazioni di crisi analoghe, in passato, si sono sempre convocati gli Enti, per cercare un dialogo e risolvere insieme le emergenze.”

Come tutti quelli che, arrampicandosi sugli specchi, eccedono in giustificazioni, la Kyenge durante la sua relazione ha gettato nel calderone delle motivazioni un po’ di tutto, additando responsabilità a ventaglio; tra queste, quelle addebitabili agli Stati Uniti e al fenomeno del rehoming e delle riadozioni agli omosessuali, che avrebbe spinto – fra le altre cose – le autorità congolesi ad attuare il blocco.

Il Ministro può addurre tutte le giustificazioni del caso, ma il vero punto è che non si gestiscono così le crisi” tiene a sottolineare Griffini. “Dalla questione degli sbarchi in Sicilia a questa triste vicenda del Congo, il Governo si sta dimostrando incapace di reagire con prontezza alle reali emergenze. Una reattività che invece non è mancata nella gestione del caso degli ultras laziali in Polonia, dove è stato mandato persino un funzionario ad hoc e si è arrivati a sfiorare l’incidente diplomatico. Perché questo strabismo politico?

La Quartapelle, da parte sua, pur apprezzando il tentativo di risolvere la questione per vie diplomatiche, invoca “un intervento politico di altissimo livello”, nella speranza che “il Governo italiano prima di Natale riesca ad avviare questo contatto con il Presidente Kabila, che è l’unico che può sbloccare la situazione e non si capisce chi – nel Governo – si prenda la responsabilità di farlo.