Torino: “Che ne sarà dei nostri figli?” La comunità ucraina in ansia

torinoC’è una piccola fetta di Ucraina che vive e lavora in Piemonte e che si riunisce ogni domenica nella cappella di San Pietro sotto la basilica di Maria Ausiliatrice. E che ora guarda con preoccupazione al futuro della propria terra e dei propri cari rimasti in patria.

A Torino questa comunità è composta da circa un migliaio di persone, soprattutto donne impiegate come colf e badanti, in ansia per mariti e figli rimasti in Ucraina. Il loro punto di riferimento è don Ihor Holynskyy, sacerdote greco-cattolico al quale è affidata la cura pastorale della comunità ucraina di Torino e Biella. “Chi riesce sta provando a far arrivare qui i familiari – spiega don Ihor – soprattutto dalle zone orientali perché da lì è partita la rivolta e la situazione è più tesa”.

Da quando sono scoppiati i disordini a Kiev, i fedeli che si ritrovano ogni settimana nella cappella di San Paolo hanno avviato una raccolta fondi per aiutare i giovani feriti e le famiglie delle vittime degli scontri di piazza Maidan. “Molti conoscevano le famiglie dei ragazzi uccisi a Kiev – racconta il sacerdote –. Il figlio di una delle donne che frequentano la nostra chiesa è stato in piazza nei mesi scorsi. Aiutava i feriti. Li chiamavano terroristi, ma erano studenti e professori che manifestavano in modo pacifico”. Sulla raccolta fondi, don Ihor annuncia che fino a oggi sono stati raccolti 1200 euro: soldi che la comunità ucraina in Piemonte è costretta a inviare in contanti perché il Governo di Yanukovich ha bloccato alcuni conti correnti.

In generale ogni forma di comunicazione è diventata più difficile. “Sono tranquilla solo quando riesco a telefonare a mia figlia 2 volte al giorno – dice Natalia, colf 50enne che vive a Torino da 13 anni e ha lasciato in patria 2 figli –. Lei vive a 600 chilometri da Kiev. Da quando sono iniziati gli scontri ho smesso di mandare a casa pacchi, ho paura che non arrivino”.

Molti genitori hanno paura che i propri figli vengano coinvolti in un conflitto armato. “Stanno richiamando i nostri ragazzi al servizio militare – racconta Miroslava, badante 40enne –. Io ho 2 figli che per fortuna studiano all’università e sono esentati. Non sappiamo quello che succederà nelle prossime settimane”.

La paura di ciò che sta accadendo tra queste persone è decisamente palpabile. “Se tra 2 settimane la situazione non si è tranquillizzata, parto e torno in Crimea” annuncia Igor, 50 anni, che vive a Biella mantenendosi con diversi lavoretti. Ha una figlia proprio nella penisola contesa tra Ucraina e Russia: “Lei ha una famiglia e non può raggiungermi, ma laggiù è pericoloso. Sono pronto a tornare per difenderla”.

 

Fonte: la Repubblica