Meno provette, più coraggio

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Saranno migliaia le coppie siciliane alle prese con problemi di fertilità e che pertanto si rivolgono a strutture per la procreazione assistita. Quanto rimbalzato sugli organi di stampa alcune settimane fa dall’ospedale “Sandro Pertini” di Roma – una coppia attende due gemelli da un embrione che non è il loro, è stato scambiato in laboratorio – avrà comportato apprensione e preoccupazione in tutti coloro che si sottopongono a trattamenti per superare la sterilità.

Cosa è successo a Roma? Un po’ di superficialità dovuta possibilmente alla “routine” dell’attività da parte del personale sanitario, due cognomi molto simili e la frittata è fatta. Primo caso nel mondo a quanto pare. La donna che porta in grembo i due gemelli li vuole tenere: “Questi bambini vivono dentro di me, li ho sentiti battere sul mio cuore, crescono e sono sani. Come posso decidere del destino di due creature così attese? Si, ho avuto un momento di umano rigetto quando ho saputo che non erano miei, anzi nostri, che gli embrioni che avevo in grembo erano di un’altra donna, ma poi abbiamo deciso che la gravidanza doveva continuare; i nostri valori sono questi…”. Così ha dichiarato la signora ad un quotidiano per il tramite del suo avvocato. Decisione encomiabile. E’ però consapevole che non sono frutto dell’incontro del suo ovulo con il seme del marito.

Ancora più delusa la coppia, diciamo così, “titolare” dell’embrione. Questa seconda signora peraltro ha registrato un fallimento nel suo tentativo. Non è rimasta incinta. Se la gravidanza fosse iniziata avrebbe vissuto specularmene il percorso dell’altra donna che ora porta in grembo il “suo” embrione. Un embrione ormai diventato due vite che aspettano di farsi strada e venire alla luce tra non molti giorni (i fatti risalgono a dicembre anche se se ne è avuta notizia sulla stampa tre mesi dopo). Spiazzata e frastornata la prima coppia, quella in attesa. Delusa e confusa la seconda. Madre e padre dei due gemellini si sentono i primi, pronti all’accoglienza; ma i caratteri genetici dei due bambini non saranno i loro. Madre e padre si sentono i secondi, rimasti con un pugno di mosche in mano: volevano un figlio e, per una perfida cattiveria del destino, hanno finito non solo per non averne ma anche per ridursi allo scomodo ruolo di “fornitori” alla prima coppia.

Ora che – ci avrete fatto caso – la grancassa mediatica (spesso autentico sciacallaggio per fare audience o vendere giornali spacciato per informazione) si è placata consentiteci, a freddo e in punta di penna, una piccola riflessione. Mentre c’è da sperare che il buon senso prevalga e sostenga i quattro genitori e si evitino recriminazioni, azioni legali, riconoscimenti e disconoscimenti di paternità e maternità, infiniti processi e rivendicazioni, una considerazione si impone. Legittimo e condivisibile il desiderio di maternità e paternità che alberga in ognuno di noi con naturale prepotenza. La procreazione assistita va incoraggiata e non scoraggiata. Ma, parallelamente, va incoraggiata e non scoraggiata da mille ostacoli burocratici da superare l’adozione.

Migliaia e migliaia di bambini più sfortunati di altri, chiusi in orfanotrofi, case famiglie, strutture e istituti vari – in Italia e all’estero – ripagherebbero amore ed hanno come tutti i bambini di questo mondo il diritto di avere un padre ed una madre. Meno provette e più coraggio. Più determinazione ad attraversare l’intricato e costoso labirinto normativo ed organizzativo dell’adozione darebbe a migliaia di coppie sterili o comunque di problematica fertilità la stessa gioia della paternità e della maternità che dà un figlio naturale. E soprattutto darebbe affetto e futuro a tanti bambini che hanno la sola colpa di essere più sfortunati dei loro coetanei.
Procreazione assistita sì, senza dubbio. Ma adozione di bimbi, italiani e stranieri, ancora di più sì. Mille volte sì. E’ un atto d’amore perfino più grande della genitorialità naturale.

 

Fonte: http://www.siciliainformazioni.com/96484/procreazione-assistita-adozioni