E così tremila minori diventano dei “care leavers”

care leavers romaPer legge a 18 anni si diventa ufficialmente “grandi”. Per i ragazzi che vivono in affido o in comunità, il 18esimo compleanno è un giorno che segna lo spartiacque tra la vita ‘tutelata’, da genitori affidatari o dallo Stato, e la vita senza ‘stampelle’, nella quale i ragazzi devono riuscire a badare a se stessi, trovare un lavoro che permetta loro di vivere, gestire una casa propria. In una parola, la vita adulta. Ma è un paradosso chiedere piena autonomia a 18enni che hanno alle spalle percorsi non facili. Loro dovrebbero riuscire in un’impresa ardua anche per i coetanei nati in famiglie sane e quindi dotati di punti certi di riferimento valoriale.

Il traguardo dei 18 anni per la maggioranza dei neomaggiorenni si declina come diritto al voto e conseguimento della patente di guida. Mentre per i minori fuori famiglia, questo giorno segna la fine del sistema di protezione dell’infanzia. I più ‘fortunati’ rientrano nelle famiglie originarie, i più forti iniziano progetti di semiautonomia, che consentano loro un passaggio graduale verso la piena autonomia. Altri vedono davanti a se stessi solo il buio della solitudine.

Secondo i dati del Centro nazionale di documentazione e analisi per l’infanzia e l’adolescenza, al 31 dicembre 2010, degli oltre 32mila bambini e ragazzi che in Italia vivono fuori famiglia, 2.905 sono maggiorenni che rimangono in affido (1.207) o in comunità (1.698) anche dopo il compimento della maggiore età. I numeri, sia pure vecchi di oltre tre anni, confermano una tendenza relativamente stabile. Oltre il 62% dei ragazzi che interruppe il percorso di assistenza, alla maggiore età rientra in famiglia, mentre il 15,7% dei ragazzi dimessi dalle comunità si trasferisce in altro servizio residenziale. Di questi molti sono stranieri, che hanno l’oggettiva difficoltà di non potersi appoggiare a una rete familiare.

Di qui l’ utilità sociale di progetti mirati per i cosiddetti ‘care leavers’, i neomaggiorenni che escono dal sistema di protezione dell’infanzia. Ogni anno se ne contano circa 3.000. Ragazzi che in assenza di progetti personalizzati di formazione o inserimento lavorativo intraprendono troppo spesso percorsi di devianza.