Aumentano i minori adottabili, ma non le adozioni

diritti minoriL’Italia non è un Paese per bambini. In un contesto di diffuse ristrettezze economiche, la scarsità di servizi sociali ed educativi che supportino i minori fa pagare a questi ultimi il prezzo più alto della crisi. Davanti alla cronica difficoltà da parte delle istituzioni a “mettere a sistema” le politiche per l’infanzia e l’adolescenza, appare sempre più necessario un intervento immediato e un impegno urgente del Governo a favore dei cittadini più giovani.

È quanto emerso dal settimo rapporto su “I diritti dell’infanzia e dell’adolescenza in Italia” presentato martedì 16 giugno dal Gruppo CRC (Convention of the Rights or the Child), un network composto da 87 associazioni italiane, tra cui Amici dei Bambini, impegnate nella tutela e nella promozione dei diritti dell’infanzia nel nostro Paese. Il rapporto è stato illustrato alla presenza del Ministro per il Lavoro e le Politiche sociali Giuliano Poletti e dell’Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza Vincenzo Spadafora.

Il dato che emerge con maggior forza da quanto rilevato dal CRC è quello relativo ai minori che hanno accesso ai servizi per l’infanzia e agli asili nido: solo il 13,5% del totale, con punte negative nel Sud e nelle Isole. La maglia nera infatti va alla Calabria con solo il 2,5%, seguita di poco dalla Campania che non supera il 2,8%. In molti Comuni, tra l’altro, si assiste a un alto numero di rinunce alla frequenza degli asili nido. Un fenomeno dovuto principalmente a due cause: da una parte l’impossibilità, per molte famiglie, di pagare le rette mensili o annuali; dall’altra, i sempre più frequenti casi di perdita dell’occupazione da parte delle madri.

Capitolo minori fuori famiglia: quelli affidati alle comunità superano quelli in affido temporaneo e aumentano i casi di bambini che, pur essendo stati dichiarati adottabili, sono ancora in attesa di essere accolti in una nuova famiglia.

Secondo i dati riportati dal CRC, i minori accolti in comunità sono 14.991, ovvero 594 in più di quelli dati in affidamento familiare, per un totale di 29.388 bambini e ragazzi che temporaneamente vivono fuori dalle proprie famiglie di origine. Il 14% dei minori accolti in comunità residenziale sono di età compresa tra 0 e 5 anni: si registra ancora, pertanto, un consistente inserimento di bambini piccolissimi in contesti diversi da quello familiare.

Tra il 2011 e il 2012 è aumentato dell’11,4% il numero di bambini dichiarati adottabili nel nostro Paese: erano 1.251 nel 2011 e sono saliti a 1.410 l’anno successivo.  Nello stesso periodo di tempo si è registrato un incremento anche delle famiglie che hanno fatto richiesta di adozione nazionale, salendo dalle 9.795 del 2011 alle 10.244 del 2012. Ma a fronte di questo aumento, non è salito né il numero di affidamenti preadottivi (calati dai 965 del 2011 ai 957 del 2012) né quello delle adozioni legittimanti (scese dalle 1.016 nel 2011 alle 1.006 del 2012). Tutto ciò è addebitabile anche al fatto che la Banca Dati Nazionale dei minori adottabili e delle coppie disponibili all’adozione non è ancora operativa e ciò non consente la costituzione di una rete tra Tribunali per minorenni che ottimizzerebbe gli abbinamenti per le adozioni. Ne consegue che nel sistema di accoglienza temporanea restano ancora 1.900 bambini adottabili, di cui il 59% risiede in comunità e solo il 41% è in affido familiare. La maggior parte di loro, pari a circa il 51%, attende una nuova famiglia da più di 2 anni e il 24% addirittura da 4 anni.

A migliorare la situazione dell’infanzia in Italia, a quanto emerge dal rapporto CRC, non è servito decentrare le politiche sociali verso le Regioni. La mancanza e la discontinuità con cui è stato adottato il Piano Nazionale Infanzia ha fatto il resto: per legge dovrebbe essere predisposto a cadenza biennale, ma, dopo quello approvato nel gennaio 2011, non si sono ancora avviati i lavori per la stesura del nuovo. Inoltre, i fondi destinati all’infanzia sono vittime di continui tagli, come dimostra anche l’ultima Legge di Stabilità. E tutto ciò nonostante sia evidente a tutti l’importanza dei primi anni di vita per lo sviluppo cognitivo, emotivo e sociale, con effetti che durano poi per sempre.

 

Fonte: 7° Rapporto CRC sull’infanzia