Siria: s’inasprisce la “guerra” diplomatica per l’accesso degli aiuti umanitari

aiutiDal nostro inviato (Luigi Mariani) – Può l’invio di convogli umanitari destinati alla popolazione civile colpita da un conflitto rappresentare una minaccia politica per un paese, al punto di essere considerata un vero e proprio “attacco”? A quanto pare sì, secondo il governo siriano.

Il braccio di ferro che si sta svolgendo, a livello diplomatico, tra le Nazioni Unite e il presidente Bashar Al-Assad sta assumendo sempre più le caratteristiche di una “guerra nella guerra”; uno scontro aperto e frontale che non fa presagire nulla di buono, nel prosieguo delle trattative per facilitare l’accesso degli aiuti in Siria. Al momento, infatti, le Nazioni Unite possono accedere solo attraverso i territori sotto il controllo governativo, a condizioni rigorose e spesso proibitive, che non rendono possibile rispondere adeguatamente a una crisi che peggiora di giorno in giorno.

Alla soluzione “estrema” prospettata di recente dal Segretario Generale dell’ONU, Ban Ki-moon, di accedere nelle zone controllate dai ribelli anche senza l’autorizzazione di Damasco, il governo siriano ha replicato affermando che un’iniziativa del genere sarebbe considerata come un vero e proprio “attacco”, lasciando intendere che – di conseguenza – si considererebbe legittimato a colpire i convogli. Alla base di questo rifiuto, il supposto timore che operazioni di questo genere siano in realtà un modo per occultare il supporto dell’occidente alle organizzazioni terroristiche e ai nemici del regime.

Pensavamo che questa guerra ci avesse abituato a tutto, ma è difficile – ancora una volta – non rimanere sorpresi di fronte a una simile una presa di posizione.

Proprio venerdì 20 giugno, Ban Ki-moon aveva annunciato che la situazione in Siria sta peggiorando e che il numero dei civili in urgente bisogno di assistenza è aumentato del 17%, raggiungendo la cifra astronomica di 10,8 milioni di persone, ovvero quasi la metà della popolazione siriana totale (22 milioni). Il Segretario, nella sua relazione, ha aggiunto che anche la precedente stima di 3,5 milioni di persone sotto assedio o intrappolate in zone impossibili da raggiungere per le organizzazioni umanitarie, con molta probabilità è da aggiornare al rialzo, fino a 4,7 milioni. Nel complesso, Ban Ki-moon ha dipinto il solito, fosco quadro, caratterizzato da un’escalation di violenze e dalla sistematica violazione del diritto umanitario.

Fintanto che le Nazioni Unite non potranno dunque operare nei territori al di fuori del controllo del governo, e impiegare le proprie risorse sul campo, la maggior parte della popolazione siriana non potrà che continuare a sperare in quelle organizzazioni umanitarie che, come Amici dei Bambini, si battono ogni giorno, tra mille difficoltà, per portare aiuti alle famiglie colpite dal conflitto e abbandonate da tutti. Aiuti che non recano simboli o bandiere politiche di alcun genere, né nascondono chissà quale doppio fine, ma che sono unicamente espressione della generosità di tante persone, solidali con la popolazione siriana e il suo dramma senza fine.

 

In questo momento, c’è bisogno di tutto l’aiuto possibile, da parte di tutti. Non restiamo a guardare.

 

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