In Algeria più di 30mila minori sono stati abbandonati in 10 anni

algeria200“La problematica dell’infanzia abbandonata, realtà della vita quotidiana in tutta l’Algeria, è, per l’ampiezza del fenomeno, per le sue conseguenze e per gli effetti significativi che provocherà, uno degli aspetti più angoscianti della vita sociale, culturale e filosofica conosciuti dalla società algerina”. Lo ha detto il professore Mahfoud Boucebci (uno dei fondatori della psichiatria Algeria e vice presidente della Società internazionale di Psichiatria infantile e dell’Adolescenza) qualche anno prima che venisse assassinato da un gruppo di terroristi il 14 giugno 1993. Una vera e propria piaga per l’Algeria come confermano i dati resi noti da Farida Kellou, psicologa clinica: ogni anno, in media 3mila bambini vengono abbandonati, e durante l’ultimo decennio si è arrivati ai 30 mila casi, di cui 7 mila sono stati registrati all’anagrafe sotto X. Su più di 4000 richieste di adozione attraverso la Kafala ( la misura di protezione dell’infanzia disposta all’estero nei Paesi islamici e che si colloca in posizione intermedia tra affidamento e adozione) solo 150 hanno avuto un buon esito.

La psicologa Kellou insiste sul fatto che la priorità essenziale per questi bambini “è il calore di una famiglia piuttosto che le strutture statali” Secondo lei, ogni anno, in media 3000 bambini vengono abbandonati, e durante l’ultimo decennio si è arrivati ai 30.000 casi, di cui 7.000 sono stati registrati all’anagrafe sotto X.

Su più di 4000 richieste di adozione attraverso la Kafala solo 150 hanno avuto un buon esito.  Fatma Zohra Karadja, psicologa e direttrice del nido di El Biar, precisa che la problematica dei bambini abbandonati deriva dal diniego della sessualità al di fuori del contesto matrimoniale, e soprattutto dal rifiuto dell’esistenza di questi bambini.

Per Nadia Ait Zai, direttrice del Centro di informazione sui diritti dei bambini e delle donne (Cidef), sono già stati introdotti numerosi miglioramenti riguardanti i bambini nel codice della famiglia ma ribadisce che “bisogna continuare così per fare ancora meglio. Critica inoltre il fatto che il test di paternità non implichi il riconoscimento del bambino, riconoscimento che secondo il codice può avvenire solo nel contesto matrimoniale. Allo stesso modo mette in risalto anche il fatto che alcune strutture abbiano rifiutato degli atti di donazione per i bambini adottivi.

“Per non parlare dell’assistenza data ai molti bambini abbandonati in strada – precisa la direttrice del Centro – le cui sorti sono, se possibile, peggiori di quelli che vengono abbandonati negli ospedali”.

All’interno del dibattito internazionale in molti intervengono per sollevare altri problemi come la discriminazione tra bambini legittimi e bambini adottati fatta dalle strutture statali, che separano gli sportelli in cui si ritirano gli atti di nascita, rifiutano di segnalare con una menzione marginale sul libretto di famiglia i bambini adottati o ancora la semplice non concessione del diritto di mettere la kafala a nome della coppia e non solo del padre.

Tutte queste problematiche mostrano senza ombra di dubbio che la situazione dei bambini nati al di fuori del matrimonio e quella delle famiglie adottive non è così positiva come alcuni pensano. Facendo riferimento agli anni precedenti il 1980, gli studiosi, infine, concordano nell’affermare che: “Qualsiasi cosa si possa dire sul codice della famiglia del 1984, ciò non toglie che ha istituzionalizzato la presa in carico dei bambini abbandonati, mentre nel 1963 questa era stata abrogato con un decreto. Purtroppo però questa istituzionalizzazione ha provocato della gravi carenze affettive nei bambini, il cui tasso di mortalità ha raggiunto, in certe regioni come Oran, il 70% dei casi. Gli esperti del settore, insomma, non hanno mai smesso di denunciare questa situazione che mostra che i bambini algerini non sono, in generale, sufficientemente protetti. Ma a giudicare dai numeri, c’è molta strada ancora da fare.

 

Fonte (www.kafala.fr)