A un passo dalla guerra in Siria, dove le bombe cancellano intere famiglie

siria fumo200Dal nostro inviato (Luigi Mariani) – A Reyhanli, piccolo paese turco al confine con la Siria, s’intrecciano le vite e i drammi di tanti siriani fuggiti a causa della guerra. Dovendoci andare spesso per lavoro, ho avuto modo, negli ultimi mesi, di conoscerne diversi: ciascuno di loro – più o meno indirettamente – è stato colpito dal conflitto e ha una storia particolare da raccontare.

Come quella di Mohammed, un ragazzo originario di Damasco, che ha vissuto in Italia diversi anni e che ora fa la spola con la Turchia, in cerca di opportunità di lavoro. Per lui, vivere a Reyhanli è anche l’occasione di riavvicinarsi alla propria terra.

“È  la prima volta che faccio il Ramadan – mi confessa –  . Qui, insieme agli altri amici siriani, ho ritrovato il senso della comunità e della condivisione. Non torno in Siria da un po’, ma ogni volta che ci vado, il mio cuore ritrova la pace”. Con gli occhi arrossati, visibilmente commosso, Mohammed mi racconta che i suoi fratelli, di 18 e 19 anni, vivono sulle colline dei dintorni di Damasco, dove combattono per le forze di opposizione. Si sentono regolarmente via Facebook. “Ormai sono due anni che sono in guerra e ancora sopravvivono, Inshallah”. Dunque sono stati reclutati quando erano ancora minorenni, gli chiedo.

“Sì, succede spesso che reclutino minori, in Siria” mi conferma Mohammed. “Mia zia aveva cinque figli, tutti in giovane età, tutti arruolati e mandati in guerra. Di questi cinque, tre hanno perso la vita nei combattimenti”. Rabbrividisco, pensando al dolore che una madre può provare di fronte a una disgrazia del genere.

“Degli altri due che le rimanevano – prosegue Mohammed il più piccolo aveva solo 11 anni. Le sono stati restituiti entrambi, con la motivazione che la sua famiglia aveva già sacrificato troppo per la causa” . Mentre Mohammed mi racconta queste cose, a circa dieci chilometri di distanza da dove ci troviamo, un raid aereo in territorio siriano provoca la morte di 9 civili, soprattutto bambini. Mi danno la notizia quasi in tempo reale. Mi chiedo quanto ancora a lungo durerà tutto questo, ma è una domanda retorica, perché qui – a quanto pare – tutti sanno la risposta. E non è incoraggiante.

Con chiunque parli e ovunque ti volti, a Reyhanli, si respira il dramma della guerra. Le colline che circondano la città sembrano fare da schermo alla tragedia che si consuma ogni giorno, appena oltre quelle alture. Quasi mi pare, a volte, di scorgere delle braccia protendersi verso il cielo, in cerca di aiuto: le braccia di quei 10,8 milioni di persone che, secondo le stime dell’ONU, hanno urgente bisogno di assistenza umanitaria all’interno del paese.

Domenica mi trovavo a Reyhanli proprio per incontrare come di consueto Ahmad*, il referente di Amici dei Bambini e Syrian Children Relief a Binnish. Mi ha riferito che il numero delle famiglie a cui manca persino il pane, nell’area dove Ai.Bi. opera, è circa 1.200. Presto, grazie ai progetti che l’Associazione sta portando avanti, molte di queste avranno finalmente un sostegno in più, un incoraggiamento per andare avanti; e quelle colline che segnano il confine con la Siria, come a volerne occultare il dramma, non saranno di certo un ostacolo per raggiungerle.

 

In questo momento, la popolazione siriana ha bisogno di tutto l’aiuto possibile, da parte di tutti. Non restiamo a guardare.

 

Se vuoi dare anche tu il tuo contributo ai progetti di Ai.Bi. in Siria, per garantire ai bambini e alle famiglie siriane il diritto di sentirsi a casa, nel proprio Paese, visita il sito dedicato.

* nome di fantasia