Sherri Shepard: “Non voglio più il bambino. Lo restituisco”

utero in affittoAffittare, comprare, vendere, restituire, caparra, penale. Non si parla di macchine, case o altra merce di scambio e/o compravendita. Ma di bambini. Che al pari di un maglione o di un paio di scarpe possono essere acquistati, venduti e se cambi idea restituiti al mittente. Basta pagare la penale. Ecco la società del XXI secolo in cui tutto ciò è permesso (per legge) grazie alle “conquiste della scienza”: fecondazione in vitro, utero in affitto e madri surrogate.

Ed è proprio quello che sta succedendo in questi giorni in America: Sherri Shepard, una nota conduttrice televisiva,  avendo divorziato, ha detto di non voler avere più niente a che fare col bambino non ancora nato, concepito in vitro con gameti comprati e impiantato in un utero in affitto di una madre surrogata. Del resto perdere la caparra versata e pagare una penale per lei non è un problema (si fa così quando si rinuncia all’acquisto di merce ordinata, giusto?). Il problema qui è che la “merce” andrebbe allevata, nutrita, amata.  Intanto la Shepard si è rivolta al Tribunale per rinunciare alla sua potestà genitoriale. Aspettiamo che il giudice si pronunci. C’è solo da sperare ( e pregare) che quel povero bambino trovi qualcuno che sia in grado di farlo crescere in un ambiente sano e amorevole.

Shepard stessa, intervistata su vari network televisivi americani, ha dichiarato: “quando si cambia idea si torna indietro, scrolla la polvere dai piedi e comincia a camminare in avanti» Poi pensando al “bene” di suo figlio aveva chiarito: “Non posso permettere che il mio bambino veda sua madre con un esaurimento nervoso. Non è nei miei piani”. Peccato solo che i piani siano cambiati.

Un fatto di cronaca che mette in evidenza il paradosso della società “moderna”: Bionda o mora? Vent’enne o più matura? Come la vuoi? Magari ti interessa vedere i suoi figli prima. Devi saperne di più su di loro: di fatto stai per comprare da lei uno stock di ovuli da far fecondare per poi impiantare in un utero in affitto. Così ti trovi a selezionare le “donatrici” (a pagamento)… cataloghi di donne, ricchi di informazioni personali e fotografie, che puoi sfogliare dalla poltrona di casa tua, sul tablet. Ma oltre a considerazioni etiche e/o morali la vicenda mette in luce il cortocircuito di una pratica innaturale, che apre un’infinità di possibilità e quindi di conseguenze. Sopratutto per il fatto che la legalizzazione dell’utero in affitto permette la vendita di ovuli togliendo alle madri genetiche ogni responsabilità. Negli stati americani in cui l’eterologa e l’utero in affitto sono permessi ci sono diverse regole, in alcuni casi scritte, in altri lasciate alla prassi.

Così in nome del sistema della common law, fondato sul diritto consuetudinario, si stia alimentando un mercato miliardario. Le leggi poi cambiano a seconda degli stati cosiddetti “surrogacy friendly” come la California, il Maryland, New York. In alcuni, il padre biologico e la moglie sono riconosciuti come genitori legali del bambino solo dopo la nascita, anche se la moglie non è geneticamente legato al bambino, in altri i contratti sono lasciati ai privati. Ma le regole mutano anche a seconda della provenienza della madre “surrogata”. Non si sa quindi cosa deciderà il tribunale nel caso specifico. E intanto nascerà un bambino…solo.

(Fonte: Libero)