Thailandia. La coppia “acquirente” non lo vuole. Ora il piccolo rischia la vita: parte raccolta fondi contro il tempo

utero-in-affittoChe cos’ha di “sbagliato” un bambino Down per essere rifiutato, abbandonato, scartato? Nulla. Assolutamente nulla. Se non il difetto (non certo quello cromosomico) di nascere in una società dove vige sempre di più la logica della “normalità” e della “perfezione” (anch’essi concetti relativi…) e dove tutto si può comprare e buttare via se non soddisfa le aspettative. Una società sterile. E non nell’accezione dell’infertilità biologica/genetica. Una società che di moderno non ha nulla se non soltanto ciò che di più opportunistico e robotico porta con sé l’essere moderno come sinonimo di tecnologico e scientifico.  Ma per fortuna per una coppia senza cuore, ci sono migliaia di persone nel mondo pronte ad aiutare Gammy attraverso la donazione di soldi. Una storia triste che fa riflettere quella che arriva dalla Thailandia dove una donna in difficoltà economiche ha “prestato” il suo utero ad una ricca coppia australiana. Cosa che, nei paesi più poveri, accade frequentemente. E anzi, sempre più spesso, si sta trasformando in un vero e proprio “lavoro”.  Il compenso che la signora aveva pattuito con la coppia australiana, per affittare il proprio utero, era di 11.700 dollari ai quali si erano aggiunti altri 1.673 quando seppero che la signora aspettava due gemelli: un maschio ed una femmina. Tutto appunto secondo la logica del “sano” mercato: due contraenti con un affare di mezzo. E così nel grembo per nove mesi ha portato due gemelli, solo che al maschietto al terzo mese è stata certificata la sindrome di Down. La donna thailandese rifiuta l’aborto e dà alla luce entrambi. Gli australiani, però, si prendono solo la bimba sana e abbandonano Gammy, il bimbo con la sindrome di Down, il più fragile, il più debole. Colui che maggiormente avrebbe bisogno di amore e calore.  Il maschietto, che ora ha 6 mesi, soffre anche di una patologia cardiaca. Un “peso” evidentemente troppo vincolante per la ricca coppia australiana che lo “abbandona” alla madre biologica. Le sue condizioni di salute richiedono cure molto costose, che la madre biologica non può permettersi ecco perché un medico dell’ospedale dove è nato il piccolo, ha aperto una sottoscrizione online sul sito Gofoundme.  E da qui parte una corsa per raccogliere fondi: una gara di solidarietà online. Una corsa contro il tempo perché ogni giorno che passa è una fatica in più per il piccolo. La storia è di quelle che fanno seriamente riflettere. E che costringono ad interrogarsi anche coloro che non avevano mai dubitato delle proprie posizioni. Il dibattito diventa mondiale spaziando dalle critiche acerrime nei confronti della coppia australiana (che ha portato con se solo la bimba sana separandola dal fratellino malato) ai commenti sulla tecnica dell’utero in affitto. Donne, intellettuali, laiche. La condanna è unanime: questa vicenda è il segno di uno spread etico e morale.  La pratica dell’utero in affitto è l’ argomento preso maggiormente di mira sul social network: «l figli non sono più dono di Dio o esseri umani ma merce di scambio – si legge nei social – e, come degli oggetti, quando non sono perfetti o super belli vengono rifiutati».  Mentre sulla pagine di Avvenire si legge la “proposta” di Lucia Passalacqua «istituire il diritto di recesso anche sui figli, come su tutto ciò che si acquista. Sette giorni per decidere se il figlio è conforme all’ordine o meno». Per Gilberto Ricolfi «non è questione di essere cristiani o non cristiani, ma di chiederci cosa vuol dire essere uomini…». In generale il deficit è culturale, di una società che pretende di ragionare e agire solo in termini di efficienza.  “Non si pensa al bambino – commenta amara la psicoterapeuta Giuliana Mieli, che da una quarantina d’anni segue coppie infertili – Sulla vicenda specifica di Gammy c’è poco da discutere – taglia corto – a essere gentili è “poco civile”. Qui, come nel caso di tante gravidanze normali, non si pensa al bambino, a cominciare dalla necessità di ogni essere umano, nella sua fragilità, di avere certezza circa la propria origine». Vuoti di affetto che non si comprano. Se una coppia sana desidera offrire la propria disponibilità affettiva, ci sono l’affido e l’adozione, da rendere più agevoli, rispettando i limiti della natura. La maternità surrogata è la “tecnorapina degli ovociti”. Il fatto è che se vuoi giocare alla divinità, devi però essere “quasi” all’altezza di Dio. Ma chi potrà mai dirsi alla sua altezza, con o senza “quasi”, se non un folle?

Fonte (L’Ultima ribattuta)