Vedova e madre di sei figli: così lo Stato “tutela” la sua famiglia

famiglia cornara 200Il giorno del matrimonio, la signora Monica l’aveva scritto in una preghiera: “Aiutaci a dire, ogni momento,- Accada di me secondo la tua parola”. Diciannove anni dopo quelle parole le sono tornate sulla bocca, come un dolore lancinante. Il 26 settembre 2012, a 55 anni suo marito Giovanni è morto stroncato da un infarto. Il 29 dicembre dello stesso anno, Giacomo, il loro primogenito, è morto mentre faceva snowboard sulle montagne di Macugnaga. A tutto questo dolore, Monica è riuscita a dare un senso grazie alla sua fede incrollabile e alla necessità di rimboccarsi le maniche per aiutare gli altri cinque figli rimasti. Ma c’è un dolore inutile e inaccettabile, quello fatto di carte bollate, pensione di reversibilità, dichiarazioni dei redditi a cui non è possibile non ribellarsi. Uno Stato che sembra accanirsi contro una vedova che ha il solo torto di aver investito tutta se stessa nella famiglia, tanto da mettere al mondo cinque figli e adottarne uno. La storia di Monica Cornara e del suo calvario la racconta Ferruccio Sansa su Il Fatto quotidiano, oggi 4 agosto 2014.  Eccola:    

Quando perdi il marito e poi il figlio, una manciata di mesi dopo, non c’è altro spazio per il dolore. E, però, ti fa male vedere che lo Stato, invece di aiutarti, ti tormenta. Ti perseguita, quasi. Monica e Giovanni Cornara a San Giuliano Milanese erano più di una coppia, erano un punto di riferimento per tutti. Lei ostetrica. Lui pediatra di questo paesone dell’hinterland milanese. Insieme erano l’anima di un banco di solidarietà per i poveri. Con loro i cinque figli, frutto di un amore che durava da tutta la vita. Di una fede che era dono e lavoro quotidiano. La fiducia nella vita li aveva portati ad adottare ancora un bambino. Non importava che avesse un handicap: il giorno che era entrato in casa era già loro figlio. Il sesto.

Poi la sorte si capovolge. Li mette alla prova come Giobbe. Una mattina del settembre 2012 Giovanni muore nel suo studio. Monica non cede, al funerale – davanti al paese ammutolito – pronuncia parole di gratitudine. Ma tre mesi dopo il destino si prende anche il figlio maggiore mentre scia.

Monica resiste con una forza che pare sovrumana e invece è piena di umanità. Accanto a lei la presenza misteriosa, ma viva, di Giovanni e di Giacomo. Eppure oggi quando la senti avverti una nota di amarezza. Non per il dolore cui è riuscita a dare un senso. No, a esasperarla sono lo Stato e la burocrazia che le richiedono continui adempimenti, che le rubano tempo e denaro. Racconta: “Ho dovuto pagare due volte le tasse di successione, perché mio figlio per legge prima di morire è stato erede di suo padre”, dice senza lamentarsi, anche se così se ne sono andati 16mila euro. Sono le regole. Ma è solo l’inizio: “Poi è arrivato il tribunale che si rifiutava di fare l’inventario dei beni e mi costringeva a rivolgermi a un notaio”. Altro tempo, altri soldi. Ma il calvario era appena iniziato: la pensione di reversibilità per legge va divisa tra tutti i figli rimasti. Ora per lo Stato hanno un reddito (non importa che siano 300 euro al mese), così perdono i benefici cui avrebbero diritto se il padre fosse vivo. La borsa di studio del ragazzo universitario, le riduzioni per studenti sui mezzi pubblici, perfino l’esenzione dal bollo auto come madre di un minore con handicap. Fino alla goccia finale: il bambino disabile al cento percento non avrà più diritto all’indennità perché risulta avere un reddito.

Una fatica senza sosta: bolli, sei dichiarazioni dei redditi, soldi guadagnati dal padre e succhiati dallo Stato. Monica non cerca compassione: “Non lo dico per noi, riusciamo a campare. È una questione di principio. Così invece di aiutare una famiglia, la sfiniscono”. Monica non lo dice, ma in questa Italia è più facile conservare la fede in un Dio invisibile che in uno Stato che tormenta una donna rimasta sola. Mentre prevede sempre scappatoie per evasori e potenti.

Fonte: il Fatto Quotidiano del lunedì a cura di Ferruccio Sansa