Ragazza madre: “Mi sentivo persa e pensavo all’aborto. Poi ho scoperto una meravigliosa realtà…”

ragazza-madre“Aspetto un bambino, sono alla 8° settimana di gravidanza, non ho parenti a Milano e il padre di mio figlio mi ha mandato fuori di casa e non vuole più saperne di me. I miei genitori non mi vogliono più vedere. E poi, non so dove andare. Interrompere questa gravidanza mi sembra l’unica soluzione”. A parlare è Stefania, ma potrebbe essere Lucia, Maria, Paola o qualsiasi altra giovane ragazza che incinta, si sente sola al mondo, senza punti di riferimento, senza soldi in tasca, un tetto sopra la testa e soprattutto senza alcuno che accarezzandola le dica “tranquilla ci sono io con te”.

E in Italia ci sono tante Stefania che in preda alla paura e all’angoscia girovagano in giro per la città sole al mondo prima con il loro pancione e poi (se non abortiscono) con il loro bambino. Senza sapere che proprio per loro, invece, esistono le Comunità mamma bambino nate proprio per andare incontro a queste giovani mamme che hanno solo bisogno di una carezza in più e di uno sguardo dolce che le accompagni lungo il tragitto.

Una vera e propria missione in cui Ai.Bi., Amici dei Bambini, crede fermamente tanto da averne attivate due in provincia di Milano attorno alle quali ruotano tanti volontari, il cui impegno è fondamentale per l’associazione soprattutto per gli ospiti.  La Comunità Mamma-Bambino è un luogo fisico residenziale in cui abitano 4/5 nuclei mamma-bambino costantemente affiancati da un gruppo di educatori impegnati ad accompagnarle verso una genitorialità responsabile. E’ riservata a gestanti e a madri con propri figli che per situazioni di rischio o per gravi problemi sociali e affettivi, abbiano bisogno di essere allontanate dalla famiglia d’origine ed inserite in un luogo protetto. Il tempo di permanenza delle giovani mamme è di 3 mesi per la pronta accoglienza con possibilità di presa in carico con progetto specifico fino ad un massimo di 2 anni.

Una casa, insomma, accogliente e calorosa: un punto di riferimento, un tetto sopra la testa dove incrociare sguardi rassicuranti che tutto andrà bene. Basta credere in quel meraviglioso dono che è il bambino che presto nascerà. Proprio come è successo a Stefania.

“Me ne ero andata dalla mia famiglia – racconta Stefania ricordando la sua esperienza  e di come è arrivata al Centro di Aiuto alla Vita Mangiagalli di Milano . Non stavo bene con loro. Non mi sentivo capita e avevo subito dei maltrattamenti. Per i miei genitori, nulla di me contava. Vivevo come una perfetta estranea. Sono venuta via e sbarcata a Milano non avevo idea di dove andare”.  Un pomeriggio, di domenica, Stefania decide di fare una passeggiata e mentre era assorta a guardare i bambini giocare, provando un grande desiderio di famiglia incontra un ragazzo. ”Ciao, bella” le dice. Quel saluto le scalda il cuore: così inizia la mia storia con Luca. “In un momento di debolezza – ricorda -, sono stata con lui. Poi la gravidanza di cui lui non ha mai voluto prendersi la responsabilità”. Quanta fatica di vivere, quanta solitudine. Dove andare? Tornare in famiglia impossibile. Panico, terrore. Cosa ne sarà di lei? Ma ecco che un altro incontro le cambia la vita. Quello con  Paola, un’operatrice del Centro di Aiuto alla Vita Mangiagalli di Milano che le racconta della comunità per le donne gravide che accettano la vita del proprio bambino.  «Penseremo noi a tutto – ricorda Stefania –  ciò che dovesse servire. Lei potrebbe avere una sua stanza con una cullina e condividere la vita quotidiana con le altre ospiti». E così è stato fino al parto: nasce Marco.

Ma come dicevamo all’inizio di Stefania ce ne sono tante in Italia. Per questo gli operatori di Ai.Bi sono sempre in prima linea e si attivano subito appena squilla il telefono e c’è una mamma che chiede aiuto. “Verso le dieci di sera squilla il telefono– racconta nel suo diario quotidiano un’operatrice di Ai.Bi che lavora nell’area Italia di Ai.Bi. e segue la rete di famiglie affidatarie e le case famiglia : è una chiamata di emergenza. C’è bisogno di un pronto intervento. Una mamma  con il suo bambino ha bisogno di una collocazione immediata. La mamma è una ragazzina molto giovane e ha grossi problemi con i suoi genitori che non hanno accettato la gravidanza. L’ospedale in cui ha partorito ha cercato di trovare una soluzione per favorire il suo rientro a casa, ma non c’è stato nulla da fare. Tante paure, tanta sofferenza: bisogna fare qualcosa immediatamente. Non può tornare a casa, è spaventata, non sa dove andare. Vengono subito consultati i servizi,  parte un giro di telefonate. Qui in Ai.Bi. la squadra è pronta: quando c’è un’emergenza tutti siamo reperibili e tutti entriamo in azione, ciascuno con il suo compito.

Per lei si aprono le porte di una nuova comunità: è bella, c’è ancora l’odore fresco di pittura. “Tutto è pronto – continua l’operatrice di Ai.Bi –  e l’accoglienza della mamma e del suo bambino è immediata. Vedere il sollievo sul viso di quella donna, cancella tutta la stanchezza di questa notte insonne”.

Altra storia, altra testimonianza di mamma accolta. Questa volta è una ragazza slava che esprime la sua gratitudine in un foglio di carta lasciato al momento dei saluti in una comunità mamma bambino di Ai.Bi. “Comunità come questa nel mio Paese non esistono – scrive – ma credo siano preziose per aiutare le mamme e i bambini in difficoltà. Spero che la mia storia possa essere di aiuto anche per altre persone, perché anche le storie che iniziano male hanno la possibilità di finire bene”