Minori stranieri non accompagnati: nei primi 8 mesi del 2014 ne sono sbarcati il doppio del 2013. Un’urgenza non più rimandabile: promuovere l’affido internazionale

imagesSono bastati 8 mesi, i primi del 2014, a doppiare il dato del 2013. Stiamo parlando dei minori stranieri sbarcati sulle coste italiane. Viaggi della speranza che hanno portato in Italia 17.700 ragazzi da gennaio ad agosto di quest’anno. Un numero raddoppiato rispetto a quello registrato in tutto l’anno precedente, quando approdarono nel nostro Paese “solo” 8500 minori.

Dei quasi 18mila giovanissimi giunti sulle coste italiane, più della metà sono arrivati senza genitori. Sono i minori stranieri non accompagnati (Misna): 9.700 quelli sbarcati nei primi 8 mesi del 2014, a fronte dei 5.232 dell’intero anno precedente.

È questo il dato più drammatico di un fenomeno ormai quotidiano. L’ultimo caso riguarda un’imbarcazione proveniente dalla Siria e arrivata martedì 2 settembre nel porto di Augusta, con 910 persone a bordo: di queste, 160 erano bambini, anche molto piccoli.

La Siria è il Paese di provenienza della maggior parte di questi giovanissimi migranti: 3.664 solo nel 2013. Ma non mancano molte altre nazionalità: eritrei, egiziani, somali, senegalesi, gambiani.

Davanti a una situazione divenuta ormai strutturale, le modalità di farvi fronte sono invece ancora quelle tipiche di un’emergenza. Frutto dell’atteggiamento dello Stato italiano, incapace di adottare misure efficaci per garantire un’accoglienza degna di questo nome, e dell’Unione Europea, che solo oggi accenna timidamente a venire incontro alle necessità italiane di fronteggiare il problema.

Tendopoli improvvisate, palazzetti dello sport riempiti fino al collasso, Centri di identificazione ed espulsione con immigrati costretti ad attendere per mesi e in condizioni disumane di conoscere il proprio destino. Ai migranti l’Italia, fin’ora, non è riuscita ad offrire nulla più di questo. Ma davanti a questi numeri, alle drammatiche condizioni in cui giungono i migranti più giovani e fragili, si è davanti a un imperativo categorico: cambiare forma di accoglienza.

L’accoglienza giusta, quella a misura di minore, è l’unica possibilità praticabile per garantire dignità e affetto a questi bambini. Di strade ce ne sarebbero, ma inspiegabilmente ancora non vengono percorse.

Una di esse è l’affido internazionale, disciplinato dal Ddl di ratifica della Convenzione dell’Aja del 1996. Un testo la cui trattazione non ha ancora trovato spazio nel calendario del Parlamento. Grazie a questo progetto, un minori che vive in ambienti che ne metterebbero a rischio la vita sarebbe accolto temporaneamente da una famiglia italiana che si prenderebbe cura di lui per un periodo di 2 anni, rinnovabile per altri 2. Durante questo biennio, i genitori affidatari sarebbero tenuti a facilitare il mantenimento dei rapporti del minore con il suo Paese e la sua famiglia di origine. Se invece il minore è dichiarato adottabile, l’affido internazionale potrebbe trasformarsi in una procedura pre-adottiva. Tutto questo riuscirebbe anche a ridurre il numero di minori che affrontano i viaggi della disperazione: il contatto con loro, infatti, avverrebbe già sulle coste africane o nel Paese di origine.

Altra forma di accoglienza giusta sarebbe l’affido familiare. Da quando Amici dei Bambini ha avviato il suo progetto “Bambini in Alto Mare”, già 1380 famiglie di tutta Italia hanno offerto la propria disponibilità ad accogliere in casa propria un Misna. Ma anche questa è una misura quasi ignorata dallo Stato italiano che invece continua a constatare come siano centinaia i minori che scappano dai centri in cui sono temporaneamente alloggiati dopo lo sbarco. Con il rischio che finiscano nel tunnel del traffico di minori.

Ma del resto ricordiamo bene l’odissea che ha dovuto affrontare Casa Mosè, il centro di prima accoglienza per Misna, che ha rischiato la chiusura a causa della totale assenza di supporto economico da parte delle istituzioni. Una struttura in cui i ragazzi vengono accolti e tutelati, evitando loro di finire in un Cie per adulti. Più volte le associazioni e gli enti del Terzo Settore hanno dato la propria disponibilità a offrire il proprio contributo all’accoglienza dei Misna, rimanendo spesso impossibilitate a concretizzare i propri propositi.

La macchina dell’accoglienza giusta c’è. In molti casi basterebbe semplicemente volerla mettere in moto.

 

Fonte: Adn Kronos