Una stanza della vostra casa aperta agli ospiti di passaggio

ADOZIONI: CAMBIA LA CAI, FAMIGLIE PIU' PROTAGONISTE.  IN CDM MODIFICHE REGOLAMENTO COMMISSIONE ADOZIONI INTERNAZIONALIAccogliere qualcuno in casa ha permesso di vedere la propria città e la propria la vita con occhi diversi, scoprendo la presenza di altre esistenze, così lontane e diverse, ma in fondo simili. È questo il senso profondo dell’accoglienza che Maria Valeria, una giovane mamma genovese, ha colto vivendo appieno l’esperienza che lei e la sua famiglia hanno scelto di sperimentare.

Maria Valeria e suo marito sono due aspiranti genitori adottivi che la vita ha portato su una strada diversa. Sognavano di accogliere bambini abbandonati e di avere una casa aperta al mondo. Le circostanze li hanno portati a rinunciare al primo desiderio, ma non li hanno fatti desistere dal secondo.

Da qui è nata l’idea di dedicarsi a un altro tipo di accoglienza: aprire una stanza della loro casa agli ospiti di passaggio, giovani provenienti da tutto il mondo che poi riprendono il proprio viaggio. Un po’ come accade per una famiglia affidataria: due genitori accolgono in casa propria un figlio “di passaggio”, proveniente da situazioni di estremo disagio che un giorno tornerà a vivere con il suo papà o la sua mamma o sarà adottato da nuovi genitori. Un piccolo per il quale la famiglia affidataria si mobilità come se si trattasse di un figlio biologico, donandogli l’amore e le attenzioni che forse, fino a quel momento, non aveva mai avuto. Ricevendone in cambio l’insegnamento più importante: quello a guardare la propria vita con gli occhi di qualcun altro.

Gli ospiti di Maria Valeria e di suo marito non sono bambini, ma l’attenzione che i due genitori genovesi riservano loro sono le stesse che ogni papà e ogni mamma dona a ogni figlio, pur “momentaneo”. E anche le sensazioni della loro famiglie sono le stesse di chi accoglie un minore in affido.

“All’inizio eravamo perplessi – racconta Maria Valeria – e al momento di accogliere, pur essendo pronti, eravamo anche un po’ ansiosi. Subito ci siamo mobilitati: io, i miei tre figli, mio marito. Tutti curiosi di vedere chi ci portava in casa il destino”.

I primi ad arrivare sono due ragazzi austriaci: Daniel, 25enne studente di medicina, e la sua fidanzata Julia, il cui sorriso aperto mostrava tutta la gioia di essere accolta e di accogliere a sua volta.

Al momento del loro ingresso in casa, “c’è un attimo di silenzio – dice ancora Maria Valeria –, per studiarsi, poi si scambiano parole smozzicate, sguardi rapidi. Ma in casa c’è una strana elettricità. La vedo nei bambini, in me e in mio marito”.

Cercando di immaginare la vita dei due giovani, i coniugi genovesi arrivano alla stessa consapevolezza a cui giungono tutti i genitori adottivi e affidatari: i bambini accolti “sono come noi”. “Come noi si tengono per mano – nota Maria Valeria – salendo le scale della casa che non conoscono. Io osservo la luce accesa, mi chiedo che cosa vedranno affacciati dalla nostra finestra, osservando il panorama che io ho davanti tutti i giorni. Così alla fine attraverso di loro vediamo la nostra vita. Come fosse la prima volta.

 

Fonte: il Fatto Quotidiano