Quella “piccola donna” siriana, che vende fazzoletti sognando una vita migliore

povertà siriaDal nostro inviato (Luigi Mariani) – A volte mi chiedo che futuro avranno tutti quei bambini siriani che vedo vagabondare per le strade delle città turche, sporchi e malvestiti, mentre rincorrono i passanti per chiedere l’elemosina. O di quei neonati tenuti in braccio da madri che piangono miseria e implorano per un’offerta, piccoli personaggi inconsapevoli di un quadro pietoso.
Di recente, tornando verso casa, mi è capitato di imbattermi in una scena che mi è rimasta impressa: una donna siriana, dal volto coperto, rovistava dentro un bidone della spazzatura insieme alla figlia di circa 10 anni. Non credo che stessero cercando cibo; per i siriani, infatti, il riciclaggio e la rivendita di plastica, carta e pezzi di metallo sono diventati una sorta di “business” abituale, in Turchia, che permette a diverse famiglie di sopravvivere. La sgradevole sensazione che ho avuto, però, è che la donna si fosse coperta il viso con il velo non tanto per usanza, quanto per vergogna.
Ma di tutti gli incontri che sono solito fare mentre cammino per il centro di Antakya, ce n’è uno che mi colpisce sempre più degli altri. Si tratta di una bambina siriana sui 10 anni, che vende fazzoletti all’angolo di un vicolo. Coperta da un velo finemente ricamato, ha i lineamenti delicati di una piccola donna e lo sguardo intenso, che esprime una grande dignità. Alle volte, sul far della sera, la colgo mentre fissa un punto indefinito, al di là del mondo visibile, come se rivedesse (o rivivesse) qualcosa. Come se sognasse.
Spesso mi chiedo quali siano i suoi desideri, le sue aspirazioni; quale sia la sua storia, quali avversità e disgrazie lei e la sua famiglia abbiano dovuto affrontare, prima di trovare rifugio in Turchia. Poi mi rendo conto che chiederglielo servirebbe a poco, perché in fondo – per quanto abbiano sfumature diverse – tutte le testimonianze che ho raccolto fino a oggi hanno gli stessi, comuni denominatori: la fuga dall’orrore, il rimpianto di ciò che è andato perduto, la ricerca di una vita migliore. Ma può, quella vissuta alla giornata, sulla strada, fatta di espedienti, essere una vita davvero “migliore”, per questi bambini che hanno perso tutto, tranne – forse – il coraggio di sognare?
Anche per questo motivo, attraverso i progetti di Amici dei Bambini in Siria, puntiamo soprattutto a sostenere le comunità locali: fornendo alle famiglie di Binnish e dei villaggi circostanti gli strumenti necessari per sopravvivere, pur in condizioni difficili, cerchiamo di offrire loro un’alternativa alla vita da rifugiati, all’umiliazione di finire in miseria, respinti o mal tollerati in un paese che non è il loro. Cerchiamo di impedire che la paura della guerra abbia sui siriani l’ultima parola, strappandoli alle proprie case, alle proprie radici, al proprio futuro.

In questo momento, la popolazione siriana ha bisogno di tutto il supporto possibile, da parte di tutti. Non restiamo a guardare.

Se vuoi dare anche tu il tuo contributo ai progetti di Ai.Bi. in Siria, per garantire ai bambini e alle famiglie siriane il diritto di sentirsi a casa, nel proprio Paese, visita il sito dedicato.