Se la libertà di parola è a senso unico si chiama censura

censuraNoi non temiamo il contraddittorio o la polemica, ma temiamo l’uso strumentale che di una polemica si può fare. Nessuno può essere obbligato a condividere le parole scritte dal settimanale Tempi, ma a nessuno può neppure essere concesso di contestarle in malo modo e sui muri.

Perché mai si sarebbe scesi in piazza per invocare la libertà di stampa di Charlie – che pure sopra le righe ci è andato spesso – se poi in casa nostra quella libertà è sbeffeggiata e calpestata?

Al tempo stesso perché può essere consentito ad un gruppo di militanti di Omphalos Arcigay di distribuire nel 2012 in una scuola di Perugia volantini con le istruzioni per l’uso dell’amore omosessuale? Materiale a dir poco inappropriato ed alla soglia del pornografico, di sicuro non concordato ed autorizzato dal preside. Nessuno ha avuto nulla da dire, ma quando nel giugno scorso Simone Pillon, membro del direttivo del Forum, ha denunciato in un’occasione pubblica quell’abuso, è stato sommerso di querele e denunce ed un giudice ha pensato bene di sequestrare il video del suo intervento dal sito del Forum dell’Umbria. Un sequestro motivato dall’uso da quell’ironia garantita dalla libertà di espressione.

La sensazione è che qualcuno voglia radicalizzare il dibattito pubblico su temi caldi come l’omofobia o le unioni omosessuali. Ma questo è il modo peggiore per affrontare temi sociali rilevanti. O meglio: è il modo migliore per approdare a decisioni improprie e per aprire ferite che non si rimargineranno. Qualcuno sembra voler perseguire proprio questo. Di certo non sono le famiglie che, nel massimo rispetto dell’individuo e delle libertà personali, chiedono solo di poter educare i propri figli in libertà di coscienza e di poter affermare liberamente che un bambino ha bisogno di un papà e di una mamma.

E chi non lo condivide ce lo lasci dire.