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Adozione internazionale e idoneità delle coppie: è così difficile per l’Italia fare come il resto d’Europa?

Una particolarità che non ha eguali nei sistemi di gestione degli iter adottivi del Vecchio Continente costringe le famiglie italiane che vogliono adottare a doversi sottoporre al giudizio di un giudice che decide se i due coniugi sono ‘idonei’ nel compito di prendersi cura di un bambino abbandonato

Che cosa succede nel resto d’Europa?

Tribunale per i minorenni decide l'idoneità adottiva in ItaliaA partire dall’anno 2000, le procedure di adozione internazionale si svolgono in Italia sotto la competenza di una autorità creata appositamente: la Commissione per le Adozioni Internazionali. Si tratta di una Autorità c.d. ‘centrale’ che esiste in ogni paese che ha ratificato la ‘Convenzione sulla protezione dei minori e sulla cooperazione in materia di adozione internazionale’, fatta a l’Aja il 29 maggio 1993. Nel nostro Paese la scelta è stata quella di un’Autorità formata da membri che rappresentano diversi Ministeri e che funziona presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri. Fin qui, nulla di nuovo per chi mastica un po’ della materia.

Quello che forse sfugge è la macchinosità del sistema italiano all’indomani della legge 476/1998, con cui l’Italia ha ratificato la Convenzione.

Tra i vari soggetti che intervengono nell’iter adottivo è rimasto il Tribunale per i Minorenni che, chiaramente, si occupava delle adozioni internazionali anche in passato, ma il cui ruolo, nel sistema della Convenzione, risulta meno comprensibile.

L’intervento dei Tribunali per i Minorenni italiani è previsto sia all’inizio dell’iter di adozione internazionale, per rilasciare il ‘certificato’ di idoneità, sia alla fine per dichiarare ufficialmente avvenuta l’adozione e ordinarne la registrazione nei registri dello Stato civile.
Il primo passo da compiere per i coniugi che vogliono adottare un minore straniero è quindi la richiesta al Tribunale per i Minorenni di una valutazione sulla propria idoneità: il Tribunale, attraverso un iter che vede l’intervento dei servizi sociali territoriali, deve pronunciarsi sulla sussistenza o meno di tale idoneità con apposito decreto (art. 30 comma 1 della legge n. 184/1983 e successive modifiche). Il decreto di idoneità in Italia è dunque un provvedimento c.d. ‘giurisdizionale’, pronunciato cioè da un Tribunale.

Ebbene, non accade lo stesso nel resto d’Europa.

Infatti, negli altri Paesi a noi vicini la dichiarazione di idoneità degli adottanti viene fatta con provvedimento amministrativo, essendo come ovvio, nella sostanza, una dichiarazione di competenza dei Servizi Sociali.
Così, ad esempio, i francesi presentano la domanda di idoneità ai Servizi di ‘Aide Sociale à l’Enfance (ASE)’; i tedeschi possono essere valutati dall’ufficio centrale per le adozioni, dai servizi regionali del welfare e della gioventù e dagli enti autorizzati; per i greci l’idoneità è rilasciata dagli operatori sociali del servizio regionale della sanità; per gli olandesi le valutazioni delle coppie (‘study report’) sono fatte dal ‘Child Care and protection Board’, che è un dipartimento ministeriale; in Portogallo la valutazione degli aspiranti genitori adottivi e l’emissione certificato di idoneità sono di competenza di appositi servizi pubblici dell’adozione; in Spagna, a parte le differenze tra le varie comunità autonome, la competenza per la dichiarazione di idoneità è delle Autorità centrali regionali che corrispondono agli organismi pubblici di protezione dei minori; per gli svedesi la preparazione e verifica delle coppie è fatta dagli operatori dei servizi sociali presso i servizi municipali…
E così via in tutti i Paesi europei, con la sola eccezione di Italia e Belgio, seppure con alcune differenze a seconda dell’organizzazione interna di ciascun paese. Ovviamente, in tutti questi casi, le relazioni e valutazioni sono di competenza di operatori esperti psico-sociali all’interno di équipe pluridisciplinari.

Perché, invece, in Italia resiste la frammentazione di competenze tra Tribunali per i Minorenni e Servizi socio-assistenziali degli Enti locali?
La composizione speciale delle Corti minorili, con giudici onorari accanto a quelli togati, non è evidentemente sufficiente a svolgere il delicato compito di accompagnare la coppia nel percorso adottivo, tant’è vero che il Tribunale incarica sostanzialmente i Servizi Sociali dell’intero lavoro curandosi di dichiarare se la coppia è idonea o meno in base al lavoro svolto dai Servizi. In questo quadro, non convince del tutto la giustificazione secondo cui il Tribunale per i Minorenni si pronuncia anche sui requisiti formali della legge: perfino i limiti e la differenza di età tra adottandi e adottando, stabiliti con legge ordinaria, vengono applicati con prassi e ragionamenti variabili senz’altro atipici rispetto al funzionamento di un organo giurisdizionale legato al rispetto del dato normativo.
Resta anche incomprensibile il doppio controllo della sentenza straniera di adozione da parte dei Tribunali per i Minorenni italiani, dopo che il minore ha fatto ingresso in Italia con la famiglia, in base a tutte le verifiche e autorizzazioni delle autorità centrali dei due Paesi (e comunque di quella italiana per i bambini adottati in Paesi ‘non-Aia’).

L’espressione dell'”ultima parola” che il Tribunale per i Minorenni esprime all’inizio e al termine della procedura adottiva su attività compiute da altri soggetti fa pensare più al mantenimento di un ruolo, o ‘status’, piuttosto che a una partecipazione sostanziale, ed è sicuramente un passo indietro contraddittorio e di difficile comprensione per un Paese che ha ratificato una specifica Convenzione internazionale, essendo le Convenzioni internazionali concepite proprio come strumenti tesi a fissare regole e prassi comuni per facilitare le procedure anziché complicarle.

Come avviene per tutte le altre sentenze straniere, dopo la riforma di diritto internazionale privato con legge 218/1995, ben potrebbe essere stabilita la regola generale del riconoscimento automatico delle sentenze e dei provvedimenti stranieri di adozione in presenza di determinate condizioni e dei controlli già previsti da parte della CAI e degli Enti autorizzati.