Adozioni internazionali e “Paesi a rischio”. Il commento del Magistrato Pazé

Continua il servizio di approfondimento di Ai.Bi. rispetto alla proposta di sospendere le autorizzazioni agli enti autorizzati e affidarli alla Commissione adozioni internazionali nei Paesi in cui l‘adozione internazionale si svolge in un contesto non sempre.

Dopo aver raccolto il punto di vista dei referenti delle associazioni, degli Enti autorizzati e dei loro Coordinamenti, abbiamo intervistato il magistrato Piercarlo Pazè, membro dell’Osservatorio nazionale per l’infanzia e l’adolescenza, nonché dell’Associazione Italiana dei Magistrati per i Minorenni e per la Famiglia.

Come valuta la proposta di Ai.Bi. di sospendere le autorizzazioni agli Enti e attribuire le loro funzioni alla Commissione per le adozioni internazionali nei cosiddetti “Paesi a rischio”?

Mi sembra una proposta interessante, ma di difficile applicazione. La Commissione ha già una funzione di controllo e vigilanza sulle adozioni internazionali, anche se in alcuni casi non riesce ad essere realmente garantita. Mi riferisco ai casi di quei Paesi che presentano una condizione sociale e politica complessa, dove le norme di diritto internazionale non si riescono ad applicare perfettamente e a calare in ordinamenti estremamente diversi. Proposte come questa hanno il merito di accendere i riflettori sui problemi del sistema adozioni e tentare di far uscire dall’isolamento gli Enti autorizzati.
Collocare la politica internazionale all’interno della politica estera italiana. Pensa sia una strada perseguibile?

Non solo mi sembra una strada possibile, ma direi che potrebbe essere una strategia valida per sostenere i progetti di adozione internazionale. Penso ad esempio all’impulso che riceverebbero gli Accordi bilaterali tra Paesi di accoglienza e Paesi di origine dei minori nel momento in cui vi fosse un forte coinvolgimento del Ministero degli Affari Esteri. Fino ad oggi il MAE non ha potuto intervenire in maniera decisiva sul sistema, questo perché manca a mio avviso un “pensiero unificante” all’interno della CAI. Oltretutto dobbiamo ricordare che nella Commissione adozione c’è un rappresentante del MAE, ma non riesce ad essere cinghia di trasmissione tra i due organismi.
Nella sua esperienza di magistrato come si pone rispetto agli episodi di corruzione che si sono verificati nelle procedure adottive?

Se penso all’attività di controllo rispetto allo stato di reale abbandono del minore devo evidenziare che è difficile per le autorità competenti italiane verificare la condizione giuridica dei bambini che vivono negli orfanotrofi. E questa è solo la punta dell’iceberg di una serie di altri problemi legati alla mancanza di informazioni corrette sui minori per i quali si cerca una famiglia. Per questo ritorno a evidenziare l’importanza di un lavoro intergrato con il Ministero degli Affari Esteri e delle sue rappresentanze all’estero per tenere monitorata la condizione dei bambini in difficoltà familiare.