Affido: sei straniero e senza genitori non puoi giocare

Ejhe, ghanese di 16 anni, ha una grande passione per il calcio, si allena regolarmente con i compagni, ma nel week end resta a guardare gli altri giocare. Il motivo? I suoi genitori (o comunque familiari) non sono con lui in Italia e le norme della Figc, la Federazione italiana giuoco calcio, non ne ammettono il tesseramento in un club. L’incredibile storia di Ejeh è stata denunciata dalla Polisportiva Galileo di Reggio Emilia, che ha incaricato l’avvocato Giovanni Tarquini di inoltrare un ‘invito’ alla Federazione calcio nazionale a rivedere la propria decisione.

Il responsabile del settore giovanile della squadra, Pino Ligabue, esprime tutta la sua amarezza. «Questo stato di cose — dice — pone i ragazzi stranieri in una condizione di ulteriore svantaggio rispetto ai coetanei italiani e questa burocrazia crea ulteriori difficoltà di inserimento per dei ragazzi che già devono sopportare la mancanza e l’affetto dei propri genitori». Ligabue ha ottenuto subito la solidarietà di una cinquantina di società sportive emiliano-romagnole. «E altre se ne stanno aggiungendo in queste ore», fa sapere il dirigente, spiegando che «il ragazzo è affidato a una cooperativa di solidarietà e la sua patria potestà è affidata a una funzionaria del Comune di Reggio, che ha firmato tutta la documentazione presentata per il tesseramento. «Ma per la Federazione calcio non è stato sufficiente».

 «E’ vero, i ragazzi in queste condizioni non li tesseriamo — dice ieri Maurizio Minetti, presidente del comitato regionale della Figc —. E’ una decisione dei nostri organi nazionali. Se il tutore del ragazzo non è un familiare, il tesseramento non viene effettuato. Perché? In passato si sono verificati dei raggiri, con avvocati che fungevano da tutori: situazioni poco trasparenti a cui la Federazione ha deciso di porre fine».
 

Ma a Reggio la «battaglia» non si fermerà. Anche i genitori dei compagni di Ejeh si sono mobilitati. «E’ una cosa allucinante, faremo di tutto perché il ragazzo possa scendere in campo», dicono in coro.
Anche il Comune ha fatto sentire la sua voce. «Faremo la nostra parte — assicura l’assessore comunale alla Coesione sociale, Franco Corradini —. Giovedì incontrerò i dirigenti della Galileo per conoscere i dettagli. A Reggio esiste uno sportello del centro regionale antidiscriminazione, a cui come primo passo inoltreremo una segnalazione. Poi seguiremo passo dopo passo l’evolversi della vicenda. Chi è in Italia deve essere messo in condizione di partecipare pienamente alla vita delle città. Inoltre, pensiamo che lo sport sia uno dei veicoli migliori per abbattere le differenze. La battaglia non è facile, ma è da combattere fino in fondo».

E la battaglia potrebbe approdare in tribunale, anche se l’avvocato Giovanni Tarquini preferirebbe non arrivare a tanto: «Al momento – dice – ci siamo limitati a chiedere alla Federazione una retromarcia sulla comunicazione che ha negato il tesseramento. Aspettiamo la reazione. Se nulla dovesse cambiare, dal punto di vista giuridico si potrebbe presentare un ricorso al tribunale civile. In quel caso la legge di riferimento sarebbe la 286/98, secondo cui il giudice può essere chiamato a esprimersi su comportamenti che possono in qualche modo implicare una discriminazione. E in questo caso credo che per il ragazzo il calcio rappresenti anche una forma di riscatto sociale».

(Fonte: Il Resto del Carlino 10/4/2011)