Afghanistan: la guerra uccide due bimbi al giorno

Le ultime tre “piccole vittime” del 2010, sono state assassinate il 15 dicembre, a Kandahar, da una bici-bomba, che ha sventrato la loro casa. Erano fratelli, il maggiore aveva 13 anni. Nessun gruppo armato ha rivendicato l’attentato, il cui reale obiettivo non è mai stato individuato. Di certo, non erano i tre bimbi, i cui nomi non sono stati divulgati. La loro morte è stata un “incidente” nel corso della cruenta guerra afghana. Non si tratta, però, di un episodio isolato. Il rapporto diffuso ieri dall’Afghan Rights Monitor (Arm) parla di 739 minori uccisi – in media, due ogni giorno – l’anno scorso nei combattimenti tra forze internazionali e locali, da un lato, e miliziani taleban, dall’altro.

Al centro di un campo di battaglia dai confini impalpabili c’è la popolazione afghana. Che paga uno scotto altissimo: nel 2010, sono 2.421 – ha denunciato il centro di ricerca – le persone comuni assassinate. Un terzo di questi aveva meno di 18 anni. Un bilancio pesante, seppure minore rispetto a quello del 2009: allora furono 1.050 i bambini massacrati. «Il trend resta comunque forte», sottolinea il rapporto. E aggiunge: «I piccoli sono drammaticamente esposti alla violenza della guerra ma è stato fatto poco, soprattutto dai gruppi ribelli, per proteggerli». Sono, infatti, soprattutto i taleban o, in generale, gli insorti, i responsabili del 64 per cento delle morti di bambini, colpiti da ordigni non convenzionali, i cosiddetti Ied.

Il 14 per cento delle volte, a uccidere i minori è il fuoco della Nato, il 4 per cento quello delle forze di sicurezza locali. Le zone più letali sono le province meridionali di Kandahar e Helmand, da sempre roccaforti taleban. Gli scorsi mesi è, però, cresciuta anche la violenza – e con essa i massacri di civili – nelle zona orientale di Kunar e nel Nord. Un rapporto delle Nazioni Unite, l’anno scorso, ha rivelato un incremento del 20 per cento delle violenze sui locali nei primi dieci mesi del 2010 rispetto al 2009. Oltre 6mila cittadini sarebbero stati coinvolti nei combattimenti, un terzo di loro in modo letale. Intanto, proprio ieri, la Nato ha nominato il suo nuovo alto rappresentante civile a Kabul: si tratta del britannico Simon Gass, in carica da aprile, in sostituzione di Mark Swedwill, anche lui cittadino del Regno Unito.

(Fonte: Avvenire 10/02/2011)