Adozioni Internazionali: il fallimento della scalata al CIFA

Pubblichiamo la notizia apparsa su La Stampa del 26 settembre in merito alla sentenza del Tribunale di Torino che ha annullato l’Assemblea dei Soci del CIFA del 29 aprile.

Per chiunque volesse approfondire il tema, discuterne e confrontarsi con altri può farlo sul Forum di Ai.Bi., dov’è presente uno spazio specifico:

http://www.amicideibambini.net/forum/forum_posts.asp?TID=4874

IL TRIBUNALE BLOCCA LA SCALATA AL CIFA “TUTTO DA RIFARE”

– Respinto il “gruppo Laus”: assemblea non valida

La scalata al Cifa, la più grande onlus italiana che si occupa di adozioni internazionali, è fallita. O almeno è rimandata. Il tribunale di Torino, accogliendo il reclamo di alcuni soci che non erano stati convocati all’assemblea del 29 aprile scorso, ha dichiarato inesistente quella riunione e tutti gli atti che ne sono seguiti, compresa la radicale sostituzione dell’intero organo direttivo passato nelle mani di due uomini della scuderia del consigliere regionale Mauro Laus, Antonio Munafò (presidente) e Giuseppe Gandolfo (vicepresidente).

La decisione del tribunale, adottata lo scorso 31 agosto, ha avuto come corollario l’estinzione di un altro reclamo, questo presentato dall’ex presidente Gianfranco Arnoletti, che si era visto respingere in prima istanza la richiesta di annullare l’assemblea.

Arnoletti, tornato pro tempore alla guida dell’ente, oggi dispensa equilibrio: “L’ingresso di nuovi soggetti al vertice del Cifa è positivo perché ognuno può portare ricchezza e idee – dice – ma questo non può avvenire con le modalità accadute nell’assemblea del 29 aprile”. Il riferimento è al blitz compiuto da Munafò e Gandolfo (soci perché genitori adottivi) che guidando un manipolo (così lo descrive il tribunale) di neo iscritti ebbero gioco facile a imporre le decisioni all’assemblea composta da uno sparuto gruppo di soci storici (una decina). In quel frangente la riunione fu tanto concitata che Arnoletti venne ricoverato e nei giorni successivi le due fazioni continuarono a fronteggiarsi a colpi di denuncia (una a carico di Arnoletti per truffa) e con l’intervento dei carabinieri.

Paradossalmente la leggerezza amministrativa che ha creato lo spiraglio per l’intervento organizzato dalla compagine Munafò è stata però anche motivo della decisione del tribunale. Il giudice di Torino ha infatti riscontrato che a fronte di 3600 soci iscritti, all’assemblea erano stati convocati solo in 60 (un sessantesimo): troppo pochi per essere rappresentativi.

Prima del giudice torinese, il semaforo rosso era però già arrivato dalla Commissione per le Adozioni Internazionali del ministero della famiglia, che il 2 agosto aveva aperto una procedura ispettiva nei confronti del Cifa per la verifica dei requisiti per l’accreditamento pressi il ministero. Il regolamento delle associazioni per le adozioni internazionali prevede infatti che i membri dell’organi direttivo debbano possedere “formazione ed esprienza in tale settore adeguate, consolidate e verificabili”. Requisiti che il nuovo direttivo non aveva per sua stessa ammissione. Non solo: la Commissione ha espresso le proprie perplessità sul modo con cui il direttivo Munafò aveva assunto il controllo dell’ente. Modalità che, per la Commissione, “non sembrano rispettare nella forma e nella sostanza, le norme di comportamento leale e trasparente proprie di un ente autorizzato”.

A questo punto una nuova assemblea dei soci, prevista per dicembre, deciderà il prossimo direttivo. “In quella sede – dice Arnoletti – tutti potranno far valere democraticamente le loro proposte e concorrere alla presidenza, ma in modo trasparente e con tutti i crisi”. Un monito per tutte quelle onlus che, come il Cifa, hanno dimensioni da spa (l’ente fa girare qualcosa come 12 milioni l’anno) ma che restano gestite con le stesse modalità della piccola bocciofila di quartiere. Un monito che il Cifa ha imparato a sue spese: al di là delle ragioni delle due fazioni, infatti, l’instabilità di questi mesi è già costata all’ente il congelamento di due importanti progetti con il Carrefour e con l’ospedale Sant’Anna. Senza contare gli strascichi giudiziari che potrebbero ancora derivare dalla denuncia per truffa presentata, e mai ritirata, dal direttivo Munafò nei confronti dei vecchi soci.