Arnoletti (Cifa): “Troppi gli enti autorizzati. Meglio azzerare l’albo e ripartire di nuovo per evitare un altro caso Kirghizistan”

arnoletti350 200“E’ una legge obsoleta, concepita in un’epoca storica differente, e si sente tutto il peso del tempo”. Inizia con queste parole l’intervista a Gianfranco Arnoletti, da 27 anni presidente del Cifa, ente autorizzato primo in Italia per numero di adozioni, a proposito della necessità di riformare la legge 184 del 1983 sulle adozioni internazionali. Ma al di là dell’esigenza condivisa di una auspicabile riforma, diverse solo le criticità evidenziate.

Dottor Arnoletti, quali aspetti dell’attuale normativa ritiene siano criticità da risolvere?

Uno degli aspetti fondamentali da riformare è senza dubbio la questione dei requisiti richiesti agli enti per poter operare nel nostro settore.

Può spiegarsi meglio?

L’attuale normativa prevede parametri poco definiti e quindi facilmente aggirabili. Faccio un esempio: qualsiasi ente può aprire sedi in tutt’Italia, ma senza avere personale proprio in loco. Basta mettere una targhetta di plastica sulla porta di un avvocato o uno psicologo, piuttosto che in qualche parrocchia. Ma   l’obiettivo non è offrire un servizio alle famiglie di quel territorio, ma garantirsi il conferimento di incarico. Se un ente è presente sul territorio, invece, ha l’opportunità di conoscere davvero una coppia al di là delle carte. L’ente radicato in un determinato territorio garantisce rapporti con i servizi sociali e i tribunali e quindi è in grado di offrire un servizio di qualità.

E Lei cosa propone?

Una vera selezione degli enti autorizzati all’ingresso non è stata fatta. Personalmente credo poco nelle piccole modifiche. Per questo ritengo che sarebbe utile azzerare l’albo degli enti autorizzati. Per poi ricostituirlo con enti che rispondono a parametri qualitativi più alti. Penso alla questione sulla sorveglianza che l’ente deve garantire all’estero: il caso recente del Kirghizistan è l’ultimo esempio di quanto sia fondamentale avere enti che seguono i loro referenti  nei Paesi stranieri e soprattutto rispondono di quello che accade anche all’estero.

E in Italia, secondo lei quali passaggi dell’iter adottivo potrebbero essere migliorati?

Ritengo che gli enti debbano poter essere coinvolti nella studio della coppia, percorso al momento in capo ai servizi sociali. Torino e il Piemonte sono ancora un’isola felice, ma la tendenza è quella di tagliare fondi. E quindi quanto mai opportuno permettere agli enti di poter dire la loro sull’idoneità della coppia. Ma fintanto che in Italia ci sarà una pletora di enti autorizzati, questa proposta non sarà praticabile.      

E allora, nell’immediato quali elementi potrebbero essere ottimizzati?

Beh, finora c’è stata scarsa collaborazione tra tutti gli attori coinvolti, laddove per esempio sarebbe opportuno permettere ai servizi sociali di essere presenti in uno dei momenti più importanti dell’iter adottivo, ovvero il momento dell’abbinamento con il bambino. Sarebbe utile anche per i servizi uscire da una dimensione solo teorica e vedere l’esito del loro lavoro.