Associazioni o partiti: chi dovrà rappresentare la famiglia?

All’alba di una nuova transizione politica, che cosa devono fare l’associazionismo, il volontariato di origine cattolica e le famiglie? Farsi rappresentare da altri, come sempre negli ultimi anni, o accettare di scendere in prima persona nell’arena politica, difendendo direttamente i propri bisogni?
Al Family 2012 di Milano Ai.Bi. ha lanciato un appello: è arrivato il tempo di passare la linea della responsabilità e di assumersi l’incarico diretto di fare politica per la famiglia. Sorprendentemente, a molti sembra che sia la strada giusta. Oggi lo chiediamo ad Andrea Olivero, presidente di ACLI e firmatario del nuovo manifesto di Todi.

Presidente Olivero, tutti vogliono un nuovo impegno in politica da parte delle associazioni e delle organizzazioni di ispirazione cattolica, ma tutti scappano dal progetto di un nuovo partito (come Riccardi e Pezzotta). Dev’esserci un problema. Quale, per lei?
Gli esponenti della associazioni e delle famiglie italiane di matrice cattolica chiedono rappresentanza, ma negli ultimi anni è avvenuto un allontanamento dei cattolici dalla politica. Il problema però è che non si tratta più di creare un nuovo partito dei cattolici. Persino il Papa ha messo in guardia da un metodo come questo: sarebbe un modo sbagliato di stare in politica. È chiaro che le nostre associazioni non potranno diventare tout-court un partito, ma in un quadro politico fallimentare (i precedenti governi di centro-destra e centrosinistra sono crollati miseramente entrambi), non potremo lamentarci delle scarse politiche a misura di famiglia se non metteremo in evidenza il bisogno di salvaguardare i nostri valori e se non metteremo in campo la nostra cultura politica.

Domanda critica. Non è in atto un equivoco all’interno del progetto di Todi: chiedere nuova rappresentanza, ma lasciarla fare ai soliti noti? Non è meglio candidare direttamente un Ministro della Famiglia dal seno delle associazioni familiari?
Vedendo le grandi difficoltà che deve incontrare l’attuale Ministro Riccardi, al quale pure non mancano le competenze, la mia risposta è sì: dobbiamo essere capaci di proporre uomini. Ma con spirito critico, e mantenendoci nel lungo termine come un soggetto autonomo dal mondo della politica.

Cosa intende con autonomo?
Il nostro mondo, proveniente dalla società civile, dovrà restare fedele a questa identità. Penso a quanto successe con la fine della Prima Repubblica, allorché gli esponenti della società civile entrarono con la politica in un rapporto di “collateralismo”, funzionale a una sola forza politica. Mossa che non è stata utile. Penso all’esempio di CL e della Compagnia delle Opere. C’è bisogno di una nuova classe dirigente, che sappia rimanere dalla parte della società civile e dei soggetti che intende rappresentare.

Ma allora, presidente, chi deve rappresentare le famiglie?
Io sono convinto che debbano essere persone nuove. Gente che venga dalle associazioni, dalle reti di famiglie, dal terzo settore: sono persone che, in questi anni, oggettivamente hanno saputo rappresentare le nostre istanze nel dibattito pubblico e nella ricerca del bene comune. Soprattutto in un momento come questo, con la fine dei partiti di massa, l’associazionismo può fare la differenza. Dobbiamo fare in modo che la nostra “differenza” dalla politica non diventi una distanza. Questa è la nuova fase che si deve aprire.