Bambini a scuola. Davvero il Coronavirus colpisce in maniera differente a seconda dell’età?

Il pediatra Angelo Ravelli: “I genitori devono capire che un bimbo anche con poche linee di febbre non va mandato a scuola: la leggerezza di uno può provocare disagi a molti”

I bambini sono tornati a scuola. Dobbiamo davvero aspettarci una risalita dei contagi? A rispondere a questa domanda, in un’intervista al Corriere della Sera, è Angelo Ravelli, direttore della clinica pediatrica e reumatologia all’ospedale Gaslini di Genova. “È inevitabile che ci siano nuovi casi di contagio tra insegnanti e bambini, i primi si sono già verificati. Mi aspetto però che rispettando con rigore tutte le misure anticontagio, si raggiunga un plateau. Non mi attendo una crescita esponenziale. I primi giorni sono i più critici, perché ci si sente ansiosi e impreparati – dice il medico – Il sistema di sorveglianza, inteso come genitori e Ats, si deve rodare. I genitori devono capire che un bimbo anche con poche linee di febbre non va mandato a scuola: la leggerezza di uno può provocare disagi a molti”.

Bambini a scuola e Coronavirus. Il tema della contagiosità

Un’altra domanda riguarda la contagiosità dei bambini. A lungo si è discusso dell’argomento. Ma davvero il Coronavirus colpisce in maniera differente a seconda dell’età? “I bambini – si legge sempre sul Corrierenon sono immuni al virus, ma rispetto al resto della popolazione solo una piccola percentuale di loro necessita di un ricovero ospedaliero. Sotto i 20 anni la suscettibilità a Sars-CoV-2 sembra dimezzata rispetto agli adulti e studi preliminari dicono che sotto i quattro anni si ammalano ancora di meno. Rispetto agli adulti i bambini manifestano tipicamente sintomi più lievi prevalentemente limitati a tosse, mal di gola, poca febbre, talvolta disturbi gastrointestinali. Oggi in Italia nella fascia di età da zero a 18 anni i casi positivi rappresentano il 12,6 per cento dei casi totali e la quota di asintomatici è in media del 70%”.

Spiega inoltre ancora Ravelli che “esistono molti studi sulle alte cariche virali dei bambini, ma non c’è dimostrazione per ora che siano in grado di trasmettere il coronavirus alla stessa velocità di un adulto. Il loro ruolo nella trasmissione del virus è ancora incerto”. Tuttavia, aggiunge Il Corriere,anche ì piccoli asintomatici possono trasmettere il virus, soprattutto nei due giorni precedenti alla eventuale insorgenza di sintomi, anche lievi. Paradossalmente proprio l’alto numero di militomatici, una caratteristica dei bambini, può rappresentare un problema perché diventano difficilmente rintracciabili pur essendo in qualche misura contagiosi. Va sottolineato che gli asintomatici, non starnutendo e non tossendo emettono meno particelle infette. A scuola, con la mascherina indossata in modo corretto, le probabilità che una persona infetta ma senza segni dell’infezione possa contagiare gli altri calano drasticamente”.