Cattolici in politica (9), Olivero: grandi progetti ma poca capacità di incidere

andreaoliveroSi arricchisce con nuovi interventi il dibattito aperto da Ai.Bi. “Cattolici in politica, ospiti in casa d’altri?”. Dopo aver ospitato il contributo di Franco Pasquali (coordinatore del network di associazioni Retinopera nonché Segretario Generale di Coldiretti) e Carlo Costalli (presidente del Movimento Cristiano Lavoratori – M.C.L.), riportiamo oggi il contributo di Andrea Olivero, presidente di Acli e portavoce del Forum del Terzo Settore.

Oggi i politici di estrazione cattolica con grande difficoltà riescono a incidere sulle decisioni dei loro partiti. Sono “ospiti in casa di altri”. Che fare?

I politici che provengono dall’associazionismo cattolico vivono due volte questa situazione di limbo. Da una parte si trovano a operare in schieramenti politici in cui è difficile far sentire la propria voce, dall’altra vivono lo scollamento con la loro base associativa. In questo senso divengono ospiti sia del loro partito che dell’associazione da cui provengono. Dopo la fine del partito unico, la diaspora dei cattolici nei vari partiti della maggioranza e dell’opposizione ha indebolito inevitabilmente il loro ruolo. Nel corso delle varie Legislature si è rafforzato sempre più il pensiero secondo il quale i cattolici possono appartenere a qualsiasi schieramento, non è essenziale che siano rappresentati da un partito che riprende i valori della Dottrina sociale della Chiesa.

Il risultato?

Il risultato è evidente: sparpagliati nei vari schieramenti, i cattolici hanno una capacità di incidere insignificante. E questo dato preoccupa il mondo dell’associazionismo che ben conosce la spinta progettuale che potrebbero avere questi onorevoli e senatori all’interno del dibattito politico. I progetti dei cattolici, dal contrasto alla povertà alle politiche per la famiglia, sono forti e strutturati ma si scontrano con innumerevoli barriere all’ingresso.

Quindi lavorare nel sociale o stare sulla scena politica tentando di incidere?

E’ comunque significativa la scelta di partecipare alla vita partitica da parte di molti esponenti delle associazioni. E’ importante perché da una lato consente di portare nella politica del nostro Paese una certa valorialità e dall’altro permette di vedere riconosciuto il lavoro svolto dalle associazioni familiari. Non dobbiamo dimenticare che la forte pressione dell’associazionismo familiare e il legame con gli esponenti politici cattolici ha permesso di organizzare il Family Day, uno dei più importanti momenti aggregativi a sostegno delle politiche familiari. Occorre però rafforzare le reti tra mondo dell’associazionismo e sistema partitico per potere concretizzare le nostre istanze.

L’Osservatorio del Bene comune può essere un modo per fare politica?

L’Osservatorio è in effetti un’originale iniziativa promossa da 18 associazioni aderenti al network di organizzazioni cattoliche e laiche Retinopera che intende proprio avere una precisa valenza politica. Noi abbiamo aderito perché crediamo che la democrazia non sia solo quella interpretata dai partiti politici, ma anche dalle realtà associative che ben rappresentano le istanze della collettività. Con questo progetto, infatti, intendiamo dimostrare che le associazioni hanno una forte capacità progettuale. Siamo uno strumento per far partecipare la nostra base associativa e l’intera comunità. In questo senso dobbiamo fare autocritica: le associazioni non sempre sono riuscite a interpretare i bisogni della loro base, a intercettare il disagio. Solo se riusciremo ad ascoltare le esigenze della nostra base, potremmo fare accogliere ai governanti le nostre idee progettuali.