Decreti “razzisti” di Catania, interviene l’Arcivescovo Montenegro di Agrigento. “Sempre più discriminatoria la mentalità delle persone”

“La presenza dello straniero e del “diverso” nella nostra vita non è un male da estirpare, ma una realtà con la quale confrontarsi.” Sono queste le parole espresse dall’Arcivescovo di Girgenti (Agrigento) Monsignor Francesco Montenegro per commentare il decreto di idoneità emesso, lo scorso 12 giugno 2009, a una coppia che si è dichiarata “non disponibile ad accogliere bambini di pelle scura o diversa da quella tipica europea”.

In un’intervista telefonica Monsignor Montenegro ci ha dato il suo punto di vista sulla questione.

Come valuta questo decreto che potremmo definire “razzista”?

La mia impressione è che questi decreti, questi atteggiamenti siano lo specchio della nostra società. La mentalità delle persone, siano esse Magistrati o aspiranti genitori, sta diventando sempre più razzista, chiusa al diverso. Di fronte a simili provvedimenti non mi stupisco: la pelle scura purtroppo viene associata da molte persone alla clandestinità.
Oggi, per coerenza con le leggi vigenti, dovremmo smettere di celebrare feste come quella di San Calogero, il cristiano dalla pelle scura giunto in Sicilia nel 466 dal Bosforo. Come sia arrivato non lo sappiamo, forse su un barcone. Oggi come lo avremmo accolto? Lo avremmo accusato di essere senza permesso di soggiorno. Invece è vissuto, nonostante la sua pelle scura, insieme ai siciliani.
Sì, dovrei togliere il simulacro di San Calogero dall’altare e cacciarlo assieme a tutti coloro che non hanno la nostra nazionalità.

Eppure Catania, come molte altre realtà della Sicilia, è diventata una realtà multirazziale e multiculturale

E’ vero; sono la paura e il timore ad influenzare così negativamente le opinioni delle persone. Colui che viene riconosciuto come diverso, ad esempio per il colore della pelle, si ritiene possa essere considerato dalla comunità un probabile delinquente.
Credo che le aspiranti famiglie adottive abbiano paura di questo. Paura di affrontare i pregiudizi delle persone, paura di confrontarsi con i probabili episodi di incomprensione ed emarginazione di cui potrebbe essere vittima il loro figlio.

Se potesse lanciare un messaggio, cosa direbbe ai giudici del Tribunale per i minorenni di Catania?

Direi che noi adulti non possiamo fare una distinzione tra bambini, etichettarli in base al colore della pelle. Quando una famiglia adotta un bambino europeo non riceve dalle autorità giudiziarie una “garanzia” di figlio perfetto. Del resto questi provvedimenti sono, devo ripeterlo, frutto di una cultura diffidente verso il diverso, l’altro.
Lampedusa ne è l’esempio.
Avete registrato episodi di razzismo nella vostra Diocesi?

Ogni volta che si manifestano episodi di discriminazione nei confronti degli immigrati cerco di far capire che non esiste una sola civiltà, superiore sulle altre, ma molte culture che si devono arricchire l’una con l’altra. E’ questo il senso della convivenza comunitaria.