Ecco perché abbiamo adottato tre fratelli

adozione_manoDaniela Dosi, se potesse gridare al mondo intero la gioia che si prova a diventare genitori di tre fratelli, non avrebbe nessun indugio: “L’avventura della nostra famiglia è iniziata nel momento in cui sono arrivati Pablo, Josè e Viviana. Abbiamo cominciato a vivere nel 2007, quando tutti e tre hanno colorato con allegria e vivacità le nostre giornate”.

Per Daniela e Daniele Dosi non c’è stato alcun dubbio, quando la proposta di abbinamento è stata quella di tre fratelli, di cui la più grande aveva quasi 14 anni. Eppure la maggior parte delle famiglie non la pensa così se si considera che la Conferenza di Diritto Privato de l’Aja ha esortato i Paesi di accoglienza a promuovere l’adozione di bambini con “bisogni speciali”, ovvero bambini che appartengono a gruppi di fratelli, minori con problemi di comportamento o con un’incapacità fisica o mentale, bambini con più di 7 anni.

Abbiamo chiesto a Daniela di raccontarci questa storia di adozione.

Come è avvenuto il vostro incontro?

Era un giorno di giugno. Mio marito ed io li abbiamo conosciuti direttamente nell’istituto in cui vivevano a Braganza Paulista, a 150 km da San Paolo. In un solo attimo siamo stati catapultati in un nuovo mondo: da quello fatto di lettere e scambi di fotografie a quello dei nostri figli, in carne e ossa. Si sono presentati subito così come sono: Viviana si è dimostrata subito piuttosto riservata, José come il più esuberante e Pablo attentissimo a interpretare ogni nostra parola, pur non conoscento ancora una parola di italiano.

Alcune coppie ritengono che adottare tre fratelli sia un ostacolo. Cosa ne pensate?

Penso che se una coppia non ha la volontà di considerare l’adozione di tre bambini, non ce l’avrà nemmeno per un bimbo solo. Non credo alle persone che accampano motivazioni e giustificazioni legate al bilancio familiare, all’ampiezza di una abitazione. Qui non si parla di spazi fisici ma di “spazio” mentale. Per tutto il 2005 abbiamo atteso di poter adottare un bambino russo, ma la situazione delle adozioni internazionali in quegli anni era del tutto bloccata nella Federazione Russa. Noi non vedevamo l’ora di diventare una famiglia. Pochi giorni dopo la notizia dell’impossibilità di adottare il bambino russo, abbiamo ricevuto la proposta di abbinamento di tre fratelli brasiliani già grandicelli in attesa di trovare una famiglia. La loro storia ci ha colpito molto: non riuscivano ad essere adottati perché erano tre e non volevano dividersi. Per noi era perfetto, non vedevamo l’ora di diventare una famiglia.

E così avete dato subito la vostra disponibilità?

Non riuscivamo a trovare nessuna ragione seria per dire di no. Abbiamo pensato a lungo a tutti gli aspetti legati all’adozione di tre fratelli, uno dei quali oltretutto era già adolescente, ma non abbiamo trovato nessun motivo per rifiutare l’abbinamento. Al contrario abbiamo trovato da subito molti aspetti positivi, primo fra tutti la possibilità, a poco più di 40 anni, di avere dei figli già grandi con i quali avere un dialogo.

Se volesse lanciare un messaggio ai genitori che iniziano il percorso adottivo cosa direbbe loro?

Una cosa è fondamentale: andare oltre le proprie necessità e capire quelle dei bambini. Ogni genitore che si avvicina al percorso adottivo dovrebbe porsi questa domanda: è più forte l’esigenza di avere un bambino con determinate caratteristiche o quella di essere genitori? Per noi è stato più importante il desiderio di diventare una famiglia.