Educare il Domani. Realtà a confronto: MISNA e studenti italiani

Il successo di un progetto in cui Minori Stranieri non Accompagnati e studenti loro coetanei si scambiano punti di vista sula vita che vogliono costruirsi

Nell’ambito del progetto Con Tatto, voluto dal Comune di Venezia e portato avanti da Ai.Bi. Amici dei Bambini, si sono svolti tre appuntamenti presso l’Istituto Stefanini, voluti dall’insegnante di Scienze Umane per portare concretamente di fronte agli studenti che si apprestano a concludere la scuola secondaria l’esperienza di accoglienza dei MISNA da parte di Ai.Bi. Un modo per sensibilizzare i giovani verso questi temi, a maggior ragione pensando che potrebbero indirizzarsi verso studi di tipo sociale e, quindi, diventare dei futuri educatori, psicologi, assistenti sociali, infermieri… che potrebbero lavorare a stretto contatto proprio con giovani di questo tipo.
Inizialmente si sono svolti due momenti preparatori all’incontro coi MISNA, nei quali la referente di Ai.Bi., insieme ai colleghi educatori della comunità d’accoglienza di Amici dei Bambini “casa Pinocchio”, ha raccontato la vita quotidiana in comunità e i progetti educativi che vengono stilati per e con questi ragazzi e i Servizi Sociali, per permettere ai MISNA di essere accolti, integrarsi, frequentare corsi di professionalizzazione… e poter finalmente vivere la propria esistenza in autonomia. Quindi è arrivato il momento del terzo incontro, nel quale 22 ragazzi di quinta superiore hanno incontrato tre ragazzi della comunità con un pregresso del tutto diverso dal loro, scampati da povertà, naufragi, aguzzini e torturatori, fino ad arrivare in Italia dove sono stati accolti e protetti.

Esperienze concrete dal Pakistan…

Il primo dei tre adolescenti, non ancora maggiorenni, viene dal Pakistan e ci ha messo due anni per arrivare a Venezia, passando per Paesi che a stento ricorda e svolgendo lavoretti occasionali pagati pochissimo per racimolare i soldi indispensabili per imbarcarsi in Grecia e passare l’Adriatico.
Ha scaricato sacchi, imbustato prodotti e cucito vestiti per una ditta europea. E oggi dice: “Voglio diventare sarto. Ho acquisito esperienza per guadagnarmi da vivere, durante il viaggio. Oppure tappezziere, l’ho già fatto nella mia terra, abbandonando la scuola dopo soli due anni di lezioni, visto che mio padre era morto e dovevo provvedere io ai fratelli minori”.

…dall’Egitto …

Il secondo adolescente proviene dall’Egitto e ha una storia diversa: la madre, un giorno, gli ha fatto un discorso “da grandi”, dicendogli che lui era fortunato a lasciare la sua patria, la sua famiglia e i suoi affetti, per andare in un posto dove non c’è miseria e dove non avrebbe vissuto per sempre di stenti. “Non ci vedremo per molti anni – lo ha avvertito la mamma – perché se torni sarai considerato disertore e finirai in prigione e anche per noi saranno guai. Prendi questi pochi soldi, ricordati di noi e abbi cura di te”.

Lo racconta ancora con un nodo in gola, ma è un giovane forte, che per otto mesi è stato rinchiuso nelle prigioni libiche e ha dovuto vedere quello che un quindicenne non dovrebbe conoscere!
“Devo diventare pasticcere o panificatore – racconta – così, lavorando di notte, posso trovare qualche occupazione pure di giorno, per mandare soldi ai miei cari, lasciati a casa”. Pensieri e obiettivi ancora una volta “da grande”, anche se poi confessa che, più di tutto, oggi, vorrebbe poter giocare a calcio nella squadra di calcio del quartiere, ma non può farlo perché non ha i documenti e non può essere assicurato.

…dal Senegal

Il terzo ragazzo, più schivo, è un senegalese di 16 anni, arrivato da poco, ma alto e dalle spalle enormi, anche se ricurve, quasi a proteggersi.
Parla per lui l’educatore della comunità in cui vive da due mesi, arrivato stremato, dalla rotta algerina, e pagando per ben sette volte il viaggio, superando sei naufragi – per fortuna tutti vicino alla costa – dai quali è tornato indietro a nuoto. Anche se non sapeva nuotare! Ma per salvarsi la vita, ha imparato, aggrappandosi ai resti dell’imbarcazione e venendo aiutato dai compagni di viaggio, molti dei quali non ce l’hanno fatta e in quel mare sono morti.

I saluti e lo sguardo al futuro

Gli studenti hanno ascoltato attentissimi, e hanno fatto tante domande. Hanno voluto sentire i racconti e le esperienze reali per provare a capire appieno le ragione del loro partire, per sapere come hanno trovato conforto a tutto quel dolore ma anche, e soprattutto, come hanno ritrovato la speranza, qui, tra i loro coetanei.
Entusiasta anche il commento dell’insegnante: “Non vedo l’ora di ritrovarci anche l’anno prossimo – è il suo augurio. Dovremmo organizzare un appuntamento fisso ogni anno, così ben strutturato.
Tutto questo significa “Educare al domani”, non a caso scelto come nome che racchiude tutti quei progetti di Amici dei bambini pensati per contrastare la povertà educativa e promuovere occasioni di incontro e di conoscenza sul territorio. E stimolare anche domande come quella che, più di tutto, è rimasta sospesa sulle labbra dei ragazzi: perché noi siamo così fortunati?

Il progetto “Educare il Domani”

L’iniziativa mira a contrastare la povertà educativa, l’esclusione sociale e l’indigenza sostenendo le comunità educative per adolescenti e i centri di aiuto alla famiglia “Pan di Zucchero”, ideati da Ai.Bi. oltre 10 anni fa per essere vicina ai bisogni di bambini, ragazzi e famiglie sul territorio.
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