Fame di Mamma. “Lui sarà tuo marito!”… e per Mirela inizia l’inferno

La vicenda coraggiosa di una giovane madre albanese, costretta a un matrimonio forzato, fino al giorno in cui, nonostante la paura e la vergogna, Mirela non poteva più sopportare di vedere il proprio bambino coperto di lividi e la casa tappezzata di tracce di sangue causate da chi avrebbe dovuto proteggerlo: il suo papà

Essere una donna in molti paesi è un limite. Non puoi studiare, non puoi scegliere come vestire, non puoi lavorare, talvolta non puoi nemmeno scegliere chi sposare.
Questa è la storia di Mirela, una donna albanese di 29 anni, accolta in una delle comunità di Ai.Bi. insieme ai figli Ardian 10 anni e Eneda 6 anni.
Mirela è arrivata di sua spontanea volontà, con un pronto intervento. Aveva chiesto aiuto alle insegnanti della scuola del figlio, si era fatta coraggio, nonostante la paura e la vergogna che provava, non poteva sopportare ancora di vedere il proprio bambino coperto di lividi e lasciare per casa tracce di sangue rosso vivo causate da chi doveva proteggerlo e avrebbe dovuto essere per lui un punto di riferimento saldo, un esempio da seguire e ammirare: il suo papà.

Una famiglia semplice e amorevole

Ha vissuto fino a 17 anni in Albania, con una famiglia semplice e amorevole. Non avevano molte ricchezze ma Mirela poteva contare sull’affetto dei genitori e dei fratelli maggiori.
Un giorno le venne presentato Anden, un uomo di 12 anni più grande di lei, alto e tarchiato, con lo sguardo duro e un sorriso stretto. “Lui sarà tuo marito” le avevano detto e, senza poter esprimere alcun parere, si ritrovò già promessa sposa a un perfetto sconosciuto.

Un perfetto sconosciuto

Anden era di famiglia benestante, questo era tutto ciò che contava. Quando Mirela compì 18 anni si sposò e arrivò con Anden in Italia, Mirela pensava che in Italia avrebbe fatto una bella vita. Anden aveva un bel lavoro e poteva provvedere a tutti i suoi bisogni, inoltre, si immaginava a passeggiare per la città e andare per negozi ad acquistare dei vestiti alla moda che non ha mai potuto avere.
Purtroppo la realtà fu totalmente diversa: Anden sì, lavorava, ma tornava sempre dal lavoro molto stanco e arrabbiato e scaricava su di lei tutta la sua frustrazione. Inizialmente le aggressioni erano solo verbali, successivamente divennero anche fisiche.

Vivere in gabbia

Le passeggiate e i vestiti alla moda erano un sogno lontano.
Mirela non poteva uscire di casa, non poteva avere amici, non poteva parlare nemmeno con i vicini, il marito controllava anche le telefonate con i suoi familiari.
Anden la teneva chiusa come in una gabbia. Pochi mesi dopo il matrimonio, Mirela rimase incinta, la donna sperava che con la gravidanza le violenze subite dal marito si riducessero, invece un pomeriggio, senza un reale motivo, le diede una spinta e le fece sbattere la pancia contro al muro. L’incubo era solo iniziato.

L’arrivo in comunità

Quando il nucleo è stato accolto dalla comunità, Mirela si è subito affidata alle educatrici e ha raccontato tutta la sua storia. Ha riferito di non aver cercato aiuto prima dell’arrivo dei bambini perché “nel mio paese è normale che il marito picchi la moglie. Non pensavo ci fossero associazioni che potessero aiutarmi”.
Mirela si è mostrata fin da subito una donna forte, indipendente, pronta a tutto per il bene dei suoi figli.
Il suo obiettivo era quello di trovare un lavoro, una casa, lontana dal padre dei suoi figli, dove poter vivere finalmente liberi, al sicuro.

Le conseguenze dei traumi dei figli

Non fu un periodo facile per lei: i bambini iniziavano a manifestare comportamenti di agitazione e stress, dovuti alle violenze subite.
Mirela, supportata inizialmente dalle educatrici, fu la prima a riuscire a sedare le “crisi” dei minori, mostrando una sensibilità e una forza inaudita.

Verso l’indipendenza

Trovò lavoro come donna delle pulizie per un grande centro commerciale, riuscendo comunque a prendersi cura di tutta le gestione dei minori, riusciva addirittura ad essere per loro di supporto per lo svolgimento dei compiti, lei che nemmeno sapeva leggere, perché a scuola non le era stato permesso andare.
E poi arrivò la notizia che la sua domanda per la casa popolare era stata accettata: Mirela, Ardian ed Eneda finalmente potevano rinascere.

Una nuova vita

Tempo dopo aver lasciato la comunità, un’educatrice di Ai.Bi. ha incontrato Mirela. Era raggiante. Lei e i bambini stavano bene, erano felici. Indossava un bellissimo vestitino con i fiorellini turchesi, abbinato a una borsetta e a delle scarpe davvero alla moda.

Un’Adozione a Distanza in Italia

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