Fecondazione: 60mila richieste anno. Adozione: 2300. Chi informa le coppie sulle alternative alla genitorialità?

famigliaChe fare di fronte all’impossibilità di concepire un figlio in modo naturale? Quando è preclusa la possibilità di trasmettere la vita, si fa strada il senso di un limite drammatico, avvertito come una lacerante ingiustizia. Ma la scienza da un lato e la vita reale dall’altro, offrono la possibilità di diventare madri e padri, dando così soddisfazione all’essenziale desiderio di genitorialità dell’animo umano. Prendersi cura della vita altrui e farla crescere: in questo, in fondo, consiste il compito di ciascun essere umano.

Quale tipo di genitorialità scegliere dunque: seguire la via della scienza, ammantata del mito di panacea di ogni male, mediante le tecniche della procreazione assistita, o seguire la via della realtà, abbracciandola nella sua drammatica oggettività, accogliendo in adozione un bambino che già esiste ed è stato abbandonato da una famiglia che non lo vuole? La ragione esige che per scegliere con consapevolezza sia necessario avere informazioni corrette e complete.

Guardare ai dati può fare la differenza nella scelta, o quantomeno favorire la riflessione.  E qualche dato interessante sulla procreazione assistita è fornito da Bruno Engl, primario di ginecologia e responsabile del Centro di riproduzione umana e crioconservazione gameti di Brunico. “La percentuale di riuscita di un trattamento per la fecondazione assistita? Varia tra il 24% della media italiana – afferma Engl – e il picco del 27% che si registra in Alto Adige. Nel centro per la procreazione assistita arrivano circa 1.300 richieste all’anno. Ogni giorno vediamo tre nuove coppie. Il 64% sono altoatesini, il resto da fuori provincia. Più aumenta l’età della donna, più si riducono le possibilità di riuscita”. Se dunque le percentuali di successo sono le sopracitate, per quasi l’80% di quelle 1.300 coppie la scienza resta una via non adatta a soddisfare il loro desiderio di maternità e paternità. Che fare dunque? Ad aiutare queste coppie dovrebbero essere proprio i medici, i quali in base a quanto stabilito dall’articolo 6 della legge 40 sono tenuti a fornire informazioni sulle alternative alla genitorialità rappresentate da adozione e affido.

Quanto al reperimento dei gameti femminili, sempre Engl dichiara: “Temo grosse difficoltà nel reperimento delle donatrici di ovociti. La donna che doni deve sottoporsi a trattamenti specifici che hanno dei costi e possono avere delle controindicazioni.” In buona sostanza per avere una buona quantità di ovociti, le donatrici devono sottoporsi a bombardamenti ormonali – un ciclo di stimolazione costa intorno ai 2.500 euro, mentre una donazione di ovuli è pagata fino a 7.000 euro – mettendo a rischio la propria salute a causa delle dosi innaturali di ormoni per il fisico. Esiste dunque una doppia preoccupazione sul fronte della salute e sul fronte dei costi: il governo ha destinato 10 milioni di euro all’eterologa “per tutti”, anche se si stima che le cifre potrebbero lievitare dieci volte tanto, con appesantimento del già fragile bilancio statale.

Molto diversi sono i numeri, e certamente l’attenzione del governo, per quanto riguarda l’adozione. Restando nella regione del dottor Engl, l’Alto Adige, secondo i dati della Commissione Adozioni Internazionali, nel 2013 nella città di Bolzano sono stati emessi 29 decreti di idoneità all’adozione di minori stranieri, solo Sassari ha fatto meno con 21. Leggendo quanto stabilito dalle motivazioni della storica sentenza della Corte Costituzionale che ha fatto cadere il divieto di fecondazione eterologa, si stabilisce che “la determinazione di avere o meno un figlio, anche per la coppia assolutamente sterile o infertile, concernendo la sfera più intima ed intangibile della persona umana, non può che essere incoercibile”. Perché dunque si stanziano decine di milioni di euro per la procreazione assistita, garantendone la gratuità, e vengono totalmente ignorate poche adozioni internazionali per le quali non c’è alcuna forma di copertura dei costi da parte dello Stato? Non si tratta forse della medesima determinazione incoercibile?

Il caso citato dell’Alto Adige è rappresentativo e paradigmatico della realtà italiana, dove a fronte di 60mila richieste all’anno di procreazione assistita, si contano poco meno di 2.300 coppie adottive. Perché frustrare la disponibilità di chi vuole accogliere un bambino in adozione internazionale, garantendo il suo diritto di avere una mamma e un papà? Alla luce delle statistiche di successo delle pratiche di procreazione assistita, l’adozione internazionale non dovrebbe essere quantomeno posta sullo stesso piano delle altre forme di genitorialità sotto il profilo burocratico ed economico? Domande che, si spera, siano utili per riflettere e scegliere con coscienza.

 

Fonte: (http://altoadige.gelocal.it/)