Giovanna Pifferi a Cervia: gli insegnanti hanno bisogno di aiuto

Le aule delle scuole italiane sono frequentate da tanti bambini che sono stati adottati; provengono sia dal nostro Paese che da luoghi lontani. Ci sono poi gli studenti che vivono in comunità di residenza e in affido familiare. Per bambini provenienti da realtà così diverse, talvolta con storie difficili alle spalle, la scuola è il primo importante banco di prova per misurare la loro integrazione nella società.Ne abbiamo parlato con Giovanna Rosa Pifferi, docente di Pedagogia e didattica presso l’Istituto di Scienze Religiose di Siena.

“I bambini adottati non vengono dal nulla: hanno alle spalle una storia spesso difficile ma anche di crescita, di rapporti con i compagni di banco, di comprensione del mondo filtrata da una lingua e una cultura a volte diversa da quella italiana. E’ importante quindi che gli operatori della scuola si impegnino a strutturare una didattica in grado di garantire un inserimento costruttivo dei minori con un passato di fuori famiglia, armonizzando le loro storie con quelle del resto della classe. Oggi non esiste una normativa specifica, né una consuetudine di comportamenti che lo tenga presente. Si tratta infatti di un fenomeno nuovo per la nostra scuola che si sta gradualmente attrezzando per capire le esigenze di ciascun bambino.

Le prime sollecitazioni arrivano agli insegnanti della scuola elementare che per primi si devono confrontare con le esigenze di questi studenti. L’errore più frequente degli insegnanti è quello di chiedere le fotografie dei bambini al momento della nascita per spiegare il concetto di storia personale. E’ evidente che questa richiesta mette in difficoltà i bambini che non possono ricostruire il loro passato perché al momento della nascita sono stati abbandonati. Senza saperlo gli insegnanti riaprono una ferita. Succede così che un bimbo o una bimba adottivi non trovino alcun riferimento alla propria realtà nei libri che utilizzano a scuola. Allo stesso modo accade che il maestro o la maestra che desiderino in qualche modo supplire a tale carenza non possano che far ricorso alla propria fantasia ed inventiva o che, più semplicemente, non sapendo che fare, decidano di accantonare il discorso.

Questo ci spiega l’importanza di individuare strumenti innovativi per sostenere le classi in cui vengono inseriti bambini con un passato o un presente di fuori famiglia. Offrire strumenti per conoscere questa realtà è infatti il primo essenziale passo da compiere se si vuole trovare il giusto modo per accogliere questi studenti. Nella mia esperienza vedo che sono gli stessi insegnanti a chiedere di essere ascoltati nelle loro richieste di avere strumenti per lavorare con maggior efficacia.

Nei libri di testo c’è una grande penuria di riferimenti all’adozione e al mondo dei minori fuori famiglia. Anche quando si riscontrano i riferimenti spesso la parola adozione viene affiancata alla parola adozione a distanza, o comunque associata all’idea di un’azione di solidarietà. Al contrario sarebbe necessario diffondere la consapevolezza che esiste una “specificità dell’adozione” dalla quale scaturisce inevitabilmente il bisogno di approfondimento.”.

Giovanna Rosa Pifferi parteciperà al Convegno “Emergenza educativa” per parlarci della scuola attraverso la prospettiva di chi “la scuola la fa”.