Gli esperti USA contro Unicef: osteggia l’adozione internazionale

adozione_manoL’adozione internazionale sta vivendo un periodo di profonda crisi: sono numerosi i governi che non la sostengono, anche se dovrebbe essere considerata uno strumento fondamentale sia dai Paesi di origine dei minori che da quelli di accoglienza perché è una delle misure più efficaci per garantire il diritto alla famiglia ai bambini abbandonati. E’ questa la riflessione aperta da Elisabeth Bartholet – docente di diritto presso la Harvard Law School e direttrice del programma Child Advocacy – durante il convegno “Adoption policy conference” tenutosi a New York, lo scorso venerdì 5 marzo.

L’orientamento di importanti agenzie ONU, in primis Unicef, come ha evidenziato Bartholet, è tutt’altro che favorevole all’adozione internazionale; non viene infatti considerata come ultima e essenziale possibilità per un minore di essere accolto da una famiglia. Prevale una visione legata al mito del Paese di origine, in base alla quale “i minori appartengono allo stato in cui sono nati”. Una concezione che condanna migliaia di minori a rimanere negli orfanotrofi del loro Paese.

Critico anche l’intervento di Tom Di Filipo – presidente della Joint Council on International Children Services, organizzazione che fa advocacy sui diritti dei minori – che ha evidenziato un atteggiamento ostile all’adozione internazionale da parte di importanti organismi sovranazionali come ONU e Unicef. Secondo Di Filipo un caso emblematico è quello di Haiti: con migliaia di minori senza una famiglia, anche prima del sisma del 12 febbraio, l’orientamento di Unicef è sempre stato quello di favorire l’assistenza di questi bambini, anziché promuovere la loro adozione.

Per gli Stati Uniti il 2009 è stato l’anno nero delle adozioni internazionali. Sono stati 13mila i bambini accolti nei primi dieci mesi del 2009: il risultato più basso registrato nell’ultimo decennio, con un calo del 27% rispetto allo stesso periodo del 2008.