I profughi adolescenti non hanno diritto a una famiglia?

cercare il futuro lontano da casa 200Dieci storie di adolescenti in fuga dall’orrore della guerra e dalla miseria. Hamin viene dall’Afghanistan e l’ultima parte del viaggio l’ha fatta aggrappato a due tavole di legno tra le ruote di un Tir. Mehdi è arrivato dentro un camion, nascosto per due giorni tra la frutta e la verdura. Dalla Tunisia arriva invece Tarik, che  ha viaggiato su un barcone fino a Lampedusa, riuscendo a non addormentarsi per timore di essere gettato in mare. Queste e altre storie sono narrate da Giancarlo Rigone e Giovanni Mengoli nel libro “Cercare il futuro lontano da casa”, in uscita il 7 ottobre per la casa editrice Edb (Edizioni Dehoniane Bologna).
In una recente recensione apparsa sulle pagine del Sole24ore, Romano Prodi, inviato speciale Onu per il Sahel, sottolinea come nel libretto agile e coinvolgente vengano messi in luce i limiti e le potenzialità del sistema di accoglienza del nostro Paese.
Sarà interessante verificare se l’attenzione degli autori si è concentrata sulle forma di accoglienza ‘istituzionale’, prendendo in esame solo le comunità educative. Eppure, accanto ad esse, esistono, ma sono sottovalutate nelle potenzialità e trascurate nei fatti, le migliaia di famiglie italiane disponibili ad accogliere minori in difficoltà nelle proprie case.
Cristina Riccardi, membro del consiglio direttivo di Ai.Bi. con delega all’accoglienza familiare, afferma: «Invece di pensare ad inserire i giovani profughi nelle strutture d’accoglienza, le istituzioni dovrebbero incoraggiare l’inserimento di questi minori in affido familiare. Ma occorre che venga dato un supporto concreto e specifico alle famiglie disponibili, che ancora scarseggiano perché ci sono molte paure legate all’età dei ragazzi. Se si offrisse alle famiglie un adeguato supporto economico, e la possibilità di poter contare su professionalità quali lo psicologo piuttosto che l’educatore, il loro numero potrebbe aumentare in modo significativo».
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