In America Latina l’epicentro del Coronavirus. E della catastrofe sociale ed economica

Morti per strada. E le Nazioni Unite prevedono: alla fine dell’anno 50 milioni di nuovi poveri

Se in primavera questo ruolo era toccato all’Europa, attualmente è l’America Latina l’epicentro globale del contagio da Coronavirus. Un disastro, quello del Sud America, aggravato dalla povertà, che ha totalmente azzerato i benefici, in termini di prevenzione, del confinamento. Impressionante il racconto che, sul quotidiano La Stampa, fa Emiliano Guanella. “Le lunghe file di venditori ambulanti di ossigeno fuori dagli ospedali – scrive il giornalista – sono l’immagine simbolo del disastro peruviano nella pandemia di Covid 19. Una bombola che costava abitualmente 75 dollari viene venduta al mercato nero a 400-500 dollari, il doppio del salario minimo, ma nelle località più sperdute dell’Amazzonia si arriva a 1.000 dollari. I peruviani sono passati dal banco dei pegni per poter comprarle e cercare di salvare i parenti finiti in ospedale. Il Perù è il secondo paese sudamericano per numero di morti (quasi 20.000) dopo il Brasile, ma proporzionalmente è uno dei peggiori al mondo, con 60 decessi per 100.000 abitanti. Tutto è andato storto nonostante, a differenza del Brasile (…), il governo abbia reagito subito per contenere l’espansione del virus”.

America Latina e Coronavirus: il disastro peruviano

“Il presidente Vizcarra – prosegue l’articolo sul quotidiano torinese – ha disposto il lockdown nazionale il 1 6 marzo, con appena settanta casi, schierando anche l’esercito. Una risposta immediata, ma che ha fatto acqua da più parti. La situazione oggi è disastrosa sia dal punto di vista della pandemia che su quello economico, meno 17% del Pil e milioni di persone rimaste senza lavoro. Uno dei principali errori è stato lasciare aperti i mercati di strada. Sono sempre molto affollati; non avendo, un frigorifero in casa, due terzi delle famiglie povere sono costrette a comprare alimenti freschi giorno per giorno. Le bancherelle sono diventate dei grandi focolai; il Mercado de frutas de Lima è stato chiuso dopo aver scoperto che otto venditori su dieci erano positivi”. Tanto che lo stesso presidente peruviano ha dovuto ammettere, con una battuta amara, che “vai a comprare pollo e uova e ti danno il Covid in omaggio”.

Ma, se il Perù piange, nessuno, in America Latina, ride. In Brasile e Messico, come spiega ancora Guanella, “l’alto numero di morti e contagi è dovuto alle dimensioni e alle scelte ondivaghe della politica, ma anche in altri paesi dove il virus è stato preso subito sul serio la situazione è drammatica. L’Argentina si è chiusa al mondo a metà marzo e per un po’ ha retto. Oggi la situazione è tranquilla nelle province del nord e in Patagonia, ma a Buenos Aires, 12 milioni di abitanti tra città e periferia, il trend è di 150 decessi al giorno. In Bolivia si raccolgono i morti per strada, nei quartieri poveri di Santiago del Cile o di Bogotà la gente non ha cibo né di che scaldarsi”.

E la catastrofe è anche sociale ed economica: le Nazioni Unite prevedono nella regione più di 50 milioni di nuovi poveri da qui fino alla fine dell’anno. Il Covid, insomma, sta affondando l’America Latina sia sul piano sanitario che su quello socio-economico. Un disastro senza precedenti, che ha molti padri ma che, soprattutto, si lascerà alle spalle moltissimi morti. Troppi.