Io, single, diventata mamma con l’affido

Laura Galfrè non risponde al cellulare per ore. Il telefono squilla ma è in modalità silenziosa e lei non lo sente. Quando se ne accorge l’appuntamento per l’intervista è sfumato da tempo. «Mi scuso, ero al consiglio di classe di scuola. Il primo dell’anno, il primo nella nuova scuola. Il passaggio da elementari a medie non è passato indenne. Ero frastornata». La signora Galfrè è una psicologa di quarantaquattro anni, single e senza figli. Da due anni è mamma affidataria di T., vivace ragazzino di undici anni. Nelle pagine di Città del Bene del Corriere Milano di domenica 4 novembre parliamo di affido, mettendo in luce il bisogno costante di persone disposte ad aprire le porte del cuore e di casa a un bambino in difficoltà.

In città sono settecento i minori ospitati in comunità perché i genitori naturali non sono in grado di prendersene cura. Nel 2011 sono stati dati in affido duecentotrentasei bambini: venticinque i single che si sono fatti avanti. «L’anno scorso io e T. siamo andati al cinema a vedere il film dei fratelli DardenneRagazzo con la bicicletta – racconta Laura Galfrè -. T. era eccitato e colpito, continuava a dire “come noi, come noi”. Un film che con coraggio e senza inutili sconti restituisce l’affido esattamente per quello che è: un’esperienza incredibilmente bella e incredibilmente difficile».

Mamma da un giorno all’altro, senza esperienze precedenti: come inizia l’avventura? «Ho lavorato come educatrice e ho una formazione scout – racconta – quindi non partivo impreparata. Anche se mi piace sottolineare il fatto che le cose pratiche, la cartella, i vestiti, la dieta equilibrata per un bambino in crescita, sono solo dettagli». T. ha alle spalle una storia difficile, con inserimenti sofferti e poco accettati in tre diverse comunità. «C’è stata intesa fin dall’inizio: la seconda volta che mi ha visto mi ha confessato che gli piacevo perché sapevo giocavo a pallone». Poi aggiunge: «Il suo passato continua ad emergere, ci vogliono tempo e pazienza. Oggi lui è più consapevole e di fronte a comportamenti che gli sfuggono si accetta».

Single equivale, nell’immaginario collettivo, a ritmi di vita frenetici, con uscite serali continue: come si coniuga tutto questo con l’affido? «Non mitizzerei troppo la vita del single», scherza Renata Tardani, documentarista, da sei anni mamma affidataria di S. 16 anni. E precisa: «Comunque è chiaro che un affido la stravolge. Non per i cambiamenti nella routine quotidiana, quanto per il fatto che ci si deve abituare al confronto con i bisogni di un’altra persona. Di più: con quelli di un bambino». Esperienza positiva? «Tante volte non prendo sonno di notte perché è sorto un problema, c’è un nuovo piccolo o grande ostacolo da superare. Soprattutto adesso che S. è in piena adolescenza. Ma in questi anni di vita insieme a lei non ho mai avuto un ripensamento. E l’ho sempre detto a tutti, amici e parenti: è il regalo più bello che la vita poteva farmi».

(Dal Corriere della Sera del 6 Novembre 2012)