Kenya. La pornografia del dolore: i finti orfani di Nairobi

Un articolo sulle News della CNN denuncia il sistema dei “finti orfanatrofi” che strappano i minori alle famiglie solo per sfruttarne il dolore e raccogliere le offerte dei benintenzionati donatori

Ha fatto molto discutere, nelle recenti settimane, un articolo della Stahili Foundation (una Fondazione che opera in Kenya) pubblicato sulle news della CNN nel quale viene sottolineato il crescente fenomeno dei finti orfani utilizzati per attirare più donazioni possibili. Bambini che vengono tolti alle loro famiglie soltanto perche molto povere e, quindi, incapaci di provvedere ai loro fabbisogni fondamentali: basta questo per far scattare il “reclutamento” per mostrarli sui propri siti, i vari mezzi di comunicazione ma, soprattutto, per metterli in mostra ai turisti occidentali che lasciano offerte occasionali o ne diventano sostenitori fissi.

La pornografia del dolore dei finti orfanatrofi

L’articolo pubblicato dalla CNN è firmato dal direttore esecutivo della Stahili Foundation Michelle Oliel, avvocato canadese vicedirettore del Lori E. Talsky Center for Human Rights of Woman and Children presso il Michigan State University College of Law, da anni impegnata contro il traffico di bambini negli orfanatrofi. Come sottolinea la CNN, i pensieri riportati sono i suoi, ma sicuramente sono destinati a generare un dibattito che non si può sapere a priori dove porterà.

L’assunto da cui parte Michelle Oliel è che in Occidente ci sono migliaia di persone benintenzionate che ogni anno decidono di organizzare un viaggio in Kenya, così come in altri Paesi in via di sviluppo, con l’obiettivo di aiutare i bambini più vulnerabili. La destinazione “naturale” di questi viaggi sono gli orfanatrofi e, qui, si innesca il problema che Oliel vuole denunciare: troppi istituti nascono solo e unicamente per approfittare di questo “mercato”. Persone senza troppi scrupoli, tolgono i minori alle famiglie magari semplicemente sulla base di una estrema povertà, portando in questo modo i bambini e i ragazzi, che una famiglia, dunque, in realtà ce l’hanno, negli istituti messi in piedi unicamente per raccogliere i soldi dei sostenitori.
Il Governo del Kenya sta da tempo impegnandosi contro questo sistema, ribadendo, come sostengono tutti gli operatori seri che lavorano per il vero bene dei minori, che gli Istituti devono essere l’ultima istanza per quei bambini che non hanno davvero una famiglia, e deve essere anche un’istanza temporanea, in attesa che altri sistemi come l’affido e l’adozione permettano ai minori di vivere in una famiglia e di essere, in questo modo, “figli”.

Se la pornografia del dolore aumenta il turismo “sbagliato”

Alla luce di tutto questo, l’invito che rivolge la Oliel è quello di non organizzare viaggi verso gli orfanatrofi, proprio per non alimentare il proliferare di strutture finte, che sfruttano unicamente il dolore dei bambini e la pietà che naturalmente essi suscitano. L’aiuto deve andare, invece, verso quelle realtà che davvero si impegnano per il bene dei ragazzi, promuovendo prima di tutto i tentativi di tenere insieme le famiglie, non di separare i bambini da esse, e quelle realtà che, anche nella creazione e nella cura di un istituto hanno come obiettivo primario il reinserimento in sicurezza dei minori all’interno delle famiglie e delle comunità. Oppure, anche se questo Oliel non lo dice, in estrama ratio, favorire l’adozione internazionale per quei casi in cui il reinserimento in una famiglia o in una comunità locale non sia praticabile.