La Corte costituzionale smantella la segretezza del parto anonimo in nome del legame di sangue

anfaalogo200Si riporta di seguito il comunicato stampa emesso dell’Associazione Nazionale Famiglie Adottive e Affidatarie:

Con sentenza n. 278/2013 depositata il 22 novembre 2013, la Corte Costituzionale ha dichiarato, in nome del diritto dell’adottato a conoscere le proprie origini, l’illegittimità costituzionale dell’articolo 28, comma 7, della Legge 4 maggio 1983 n. 184, nella parte in cui non prevede la possibilità di interpellare le donne che al momento del parto avevano dichiarato di non voler essere nominate, ogni qualvolta i figli da esse partoriti, “ai fini di una eventuale revoca di tale dichiarazione”, ne facciano richiesta.

Ecco le nostre prime considerazioni sulla portata di una simile pronuncia:

– la stringata motivazione della sentenza, nel contrapporre espressamente la “genitorialità naturale” della donna che ha partorito nel segreto alla “genitorialità giuridica” del rapporto adottivo (p. 10-11), dimostra di aderire a una concezione della famiglia – che con il progresso della civiltà si riteneva definitivamente superata – imperniata sulla rilevanza del legame di sangue, così snaturando l’essenza della filiazione, la quale è invece costituita dai rapporti affettivi reciprocamente formativi che si instaurano e si consolidano tra i genitori (biologici o adottivi che siano) e i loro figli (biologici o adottivi che siano):

– la verifica della perdurante volontà della partoriente di non voler essere nominata, che la decisione della Corte impone al legislatore comporterà una pesante intrusione nella vita privata di molte donne, le quali, ad anni di distanza dal parto, saranno chiamate a dover rendere conto di una scelta fatta in circostanze drammatiche, vedendo messe a repentaglio la propria serenità personale e la propria situazione familiare;

– la consapevolezza di essere esposte, in un imprevedibile futuro, a una simile intrusione nella loro sfera intima, con le inevitabili ripercussioni negative sui rapporti familiari da esse instaurati, aumenterà il rischio di aborti e di abbandoni, quando non anche di infanticidi: nefaste evenienze, queste, che la normativa finora in vigore ha arginato, consentendo a migliaia di neonati non riconosciuti di essere immediatamente adottati.

A questo punto, non resta che auspicare vivamente che il legislatore, nell’adeguarsi necessariamente al dettato della Corte, scelga una strada ispirata a criteri di ragionevolezza e di umanità, impostando una normativa che quanto meno assicuri l’irreversibilità del segreto – e cioè escluda il loro rintraccio e il loro interpello – per le donne che si erano avvalse dell’anonimato prima della data di pubblicazione della sentenza in oggetto, trattandosi, per lo Stato, di mantenere un impegno che aveva promesso solennemente di garantir loro.