La crisi fa paura: crescono le rinunce alle adozioni

ombraI riflessi della crisi si vedono anche nel mondo delle adozioni. Difficoltà economiche e precarietà del lavoro hanno spinto le coppie a mettere da parte il sogno di avere un figlio. Nel 2009, secondo quanto riportato ieri in un articolo del “Corriere della Sera”, tra il 2 e il 5% delle coppie già in possesso del decreto di idoneità per l’adozione internazionale e una pratica in corso con un ente autorizzato hanno revocato l’incarico e rinunciato all’idea di diventare genitori adottivi. Il 20% ha messo da parte l’idea di presentare la domanda ai tribunali, spaventato dall’impegno di mantenere un figlio, affrontare le spese per riuscire ad averlo e probabilmente dal timore dei costi imprevisti, non sempre chiari.

Purtroppo è vero, molti non se la sentono di caricarsi di responsabilità e sacrifici” ha detto Carlo Giovanardi, sottosegretario alla presidenza del Consiglio con delega alla famiglia e presidente della Commissione per le Adozioni internazionali (CAI). “Questo anno di crisi ha influito sulle scelte a monte, fortunatamente il numero dei minori entrati in Italia non è diminuito perché le coppie in attesa dagli anni precedenti sono diverse migliaia”.

Oltre al fattore costi, il presidente di Ai.Bi. Marco Griffini, ha dichiarato al “Corriere della Sera” che persistono altri problemi, difficili da sradicare, come la mancanza di trasparenza da parte di certe organizzazioni all’estero. “Occorre un impegno straordinario contro la corruzione. Il nostro governo deve esigere dagli altri Stati assoluta trasparenza. Troppi genitori sono costretti a sborsare soldi in nero” ha detto Griffini.

Per sradicare il fenomeno sarebbe di fondamentale importanza eliminare il sistema “più adozioni concluse, più incentivi economici” per i rappresentanti degli enti all’estero; essenziale anche la scelta di investire su personale stabile nei Paesi di origine dei minori per tenere monitorato il processo adottivo.

Griffini ha poi parlato di un numero eccessivo di enti autorizzati, che disorienta le coppie e non viene più percepito come un servizio.