La rabbia dei genitori: “Così Enzo B ci ha traditi: ha ucciso il nostro sogno”

etiopiaDecine di lettere inviate a “la Repubblica” dopo che è venuto alla luce il caso della cooperativa che avviava pratiche fantasma per portare un figlio dall’Etiopia. Se ne parla in questo articolo, che riportiamo integralmente, pubblicato sabato 21 gennaio sull’edizione torinese di “la Repubblica”.

 

Le emozioni dei protagonisti, le famiglie, la speranza diventata rabbia, sono la vera forza di questa storia, il caso delle cento adozioni in Etiopia affidate all’ente torinese Enzo B, e mai andate a buon fine. Testimonianze attraverso lettere e lunghe telefonate sono arrivate a Repubblica nei giorni scorsi da persone spare in tutta Italia e non solo, coppie alla disperata ricerca di un contatto con qualcuno che stesse attraversando difficoltà simili alle sue. Persone in attesa di una risposta alla domanda, per tutti uguale: diventeremo mai mamma e papà? Chi e perché ci ha rubato questo diritto?

Gli anni di attesa inutile hanno già spento l’allegria al pensiero di poter diventare genitori in questo modo particolare, accogliendo a casa bambini bisognosi che provengono da Paesi lontani. E hanno svilito la fiducia nel nostro Paese, e nelle sue istituzioni, incapaci di essere punto di riferimento e garanzia del diritto di questi cittadini a diventare genitori e dei bimbi lontani ad avere una famiglia. Parole misurate, toni sempre pacati per raccontare la delusione e l’incredulità di fronte al sospetto peggiore: chi si sia sfruttato economicamente (se le accuse saranno confermate dagli approfondimenti della magistratura) il sogno delicato e intimo di dare forma a una famiglia. Le testimonianze, di cui abbiamo fatto una piccola selezione, raccontano tutte i passaggi di un identico copione. Tutto inizia negli anni tra il 2011 e il 2013. Le 104 coppie di tutta Italia si sono rivolte all’ente per le adozioni internaizonali Enzo B per affidare l’incarico di individuare un bimbo in Etiopia. Qualcuno è arrivato alla onlus fondata da Stefano Bernardi e presieduta da Cristina Nespoli direttamente. Qualcuno attraverso altri enti con cui Enzo B aveva stretto degli accordi. L’attesa prospettata avrebbe dovuto essere di 24 mesi, indicativamente, perché chi si avvicina al sistema delle adozioni sa bene che quando si parla di tempi non si può mai fare che una stima imprecisa. In compenso, negli uffici di via Onorato Vigliani, si chiedeva che la coppia pagasse subito, l’intera quota per le spese in Italia e all’estero (tra i 10mila e i 12mila euro). Da quel momento incominciava l’attesa. Quattro, cinque, in alcuni casi anche sei anni senza che nulla accadesse. Senza il minimo segnale che qualcosa stesse andando avanti. Solo risposte evasive, giustificazioni generiche su difficoltà sorte in Etiopia che avrebbero rallentato le procedure adottive. “Vero – ha raccontato Anna – ma Enzo B ha continuato a  prendere incarichi, farsi pagare migliaia di euro da nuove coppie in lista d’attesa, quando sapeva che non era più possibile concludere le adozioni”. Alla fine sono più di cento.