La sentenza che scavalca Parlamento e democrazia

melita cavallo 400 286Il giornalista Giuseppe Frangi del quotidiano “La Provincia di Lecco” commenta la sentenza, emanata il 31 dicembre 2015 dall’ormai ex presidente del Tribunale per i Minorenni di Roma Melita Cavallo, con cui si autorizzava l’adozione di una bambina da parte di una coppia omosessuale, in cui uno dei membri aveva avuto la piccola mediante la pratica della maternità surrogata. “Una sentenza che scavalca il Parlamento e la democrazia”, è il parere del giornalista.

 

Sono curiosi i meccanismi che regolano le leggi in Italia. lI 25 febbraio scorso, dunque meno di un mese fa, il Senato approvava la nuova norma sulle unioni civili. Dalla norma era stato stralciato l’articolo che avrebbe introdotto la “stepchild adoption”, cioè quel meccanismo che permette al compagno o alla compagna di una coppia omosessuale di adottare il figliastro. Era stato stralciato per il semplice motivo che quell’articolo non avrebbe mai raccolto i voti necessari per essere approvato: in democrazia le cose funzionano così, anche se non a tutti piace.

Maprima che la politica arrivasse alla sua faticosa e combattuta decisione, c’era chi l’aveva di fatto già messa fuori gioco. Infatti il 31dicembre il tribunale diRoma ha emesso una sentenzache ha accolto la richiesta di due coniugi romani omosessuali. Uno dei due sveva avuto una bambina con maternità surrogata 5 anni fa in Canada e ora il compagno chiedeva di adottarla. Insomma un classico caso di “stepchild adoption” che in Parlamento non aveva trovato i numeri per essere approvata. La sentenza quindi ha clamorosamente scavalcato la politica.

E l’ha scavalcata due volte. Perché ha vanificato anche il contenuto della legge 40 che regola la fecondazione assistita e in cui si fa esplicito divieto di ricorrere alla pratica della maternitità surrogata o utero in affitto. Il giudice che ha firmato la sentenza ha fatto riferimento ad un articolo dellalegge 184 del 1983 che regola le adozioni. Questo articolo lascia aperta la possibilità al giudice di fare rientrare alcune situazioni in “casi speciali” e quindi di procedere ad adozioni fuori dalla formula canonica.

Non è la prima volta che il Tribunale di Roma si esprime in questa direzione. Ci sono già due sentenze in passato, tutt’e due per coppie di omosessuali donne, che però sono una al vaglio della Cassazione, mentre l’altra è stata impugnata dalla Procura ed è in secondo grado. Invece la sentenza del 31 dicembre presenta due aspetti inediti: è la prima che riguarda una coppia di omosessuali maschi ed è anche la prima che si può considerare definitiva in quanto questa volta la Procura non l’ha impugnata. Il giudice che ha firmato la sentenza, Melita Cavallo, è stata presidente del Tribunale dei minori di Roma e anche presidente della Commissione per le adozioni internazionali, organismo alle dipendenze della Presidenza del Consiglio. E quindi persona esperta,ma dichiaratamente diparte, perché schierata, ai tempi del dibattito pubblico, per la”stepchild adoption”. “Prima o poi dovranno rassegnarsi, ho soltanto applicato la legge sulle adozioni”, ha detto a proposito della sentenza. Per arrivare alla decisione ha rimarcato la serenità della bambina e la stabilità della coppia che vive insieme da 12 anni. Il rapporto con la mamma naturale inoltre viene mantenuto costante. Insomma, una situazione in cui non sembrano affiorare criticità.

L’unica criticità – e non è criticità da poco -, è quella che riguarda il rispetto di ciò che consideriamo democrazia. Che non è solo un problema di contabilità parlamentare ma è qualcosa di assai più profondo. Democrazia è espressione della volontà di una maggioranza e di conseguenza è espressione di un “sentire” diffuso e condiviso tra le persone. La politica per una volta il 25 febbraio aveva deciso adeguandosi a questo “sentire” ed aveva anche evitato di ricorrere alle ben note alchimie per scavalcarlo. La stessa cosa era accaduta quando all’interno della legge 40 era stato inserito il no alla “maternità surrogata” (ora addirittura al centro di un dibattito per sancirne il “bando universale”). Invece con la sentenza del 31 dicembre la politica si è trovata due volte scavalcata. Comunque la si pensi, per la democrazia non è una bella notizia.