adozione, quella aperta può andar bene solo se condivisa fin dall'inizio da tutti i protagonisti della situazione

L’adozione aperta sarà il futuro dell’accoglienza adottiva? La ricerca delle origini impone una riflessione

Il dibattito sulle nuove possibili forme che la scelta adottiva potrebbe prendere, modificando certezze finora inossidabili, meritano di essere approfondite e conosciute, per comprendere che cosa potrebbe diventare (o è già diventata) l’adozione

Perchè se appaiono auspicabili soluzioni di adozione aperta ‘dichiarata’, in cui le relazioni con la famiglia biologica stretta o allargata vengono stabilite fin dall’inizio in base al superiore interesse del minore, non altrettanto lo sarebbero circostanze indotte da una certa ‘giurisprudenza creativa’, che autorizza a stravolgere la vita di minori adottivi ignari dell’esistenza di un fratello o di una sorella

adozione, l'adozione aperta può andar bene solo se condivisa fin dall'inizio da tutti i protagonisti della situazioneIl mondo dell’adozione internazionale e nazionale si avvia a grandi passi verso una possibile, se non probabile ‘rivoluzione’: con il tempo, infatti, il contesto adottivo è molto cambiato. Oggi sono diversi i bambini che arrivano in adozione (sempre più grandicelli, ma non solo), così come si sono in qualche modo modificate anche le caratteristiche e le motivazioni delle coppie di genitori che scelgono l’adozione.

In questa situazione, il tema della ricerca delle origini sembra però essere diventato una variabile sempre più ‘ingombrante’ e ricercata: lo dice la cronaca, lo dicono le sentenze della Corte di Cassazione pronunciate negli ultimi mesi: esiti che, nel caso del Supremo Giudice romano, possono fare anche ‘giurisprudenza’, ovvero valere da precedenti in vista di future cause analoghe.

Ma se il modello di ‘adozione aperta’ diffuso, peraltro, da tempo in contesti come gli Stati Uniti d’America può essere, sempre nel superiore interesse del minore, una variabile accettabile e, anzi, auspicabile come soluzione alternativa all’affidamento familiare sine die, esso – come d’altronde confermano le cronache – ‘funziona’ a dovere soltanto se questa adozione in cui il minore mantiene rapporti con la famiglia biologica, stretta o allargata, è scelta fin dall’inizio da tutti gli attori – genitori adottivi, biologici, fratelli e sorelle – che ne sono dunque ben coscienti fin dall’inizio.

Eventuali altre opzioni, come quelle messe in campo con sempre maggior frequenza negli ultimi tempi da una certa giurisprudenza ‘creativa’ rispetto alla ricerca delle origini a molti anni di distanza dall’adozione e senza la condivisione originaria del destino tra fratelli, sorelle e genitori, rischiano seriamente invece di mettere in questione la garanzia di una stabilità affettiva e di una crescita serena dei minori adottati. Un tema che impone di valutare con prudenza se siffatte ‘aperture’ possano stravolgere il concetto stesso di genitorialità come lo si è inteso da sempre, fino ad oggi.

Quindi: sì a soluzioni di adozione aperta ‘dichiarata’ – sono peraltro molti i tribunali italiani che la applicano, in casi particolari e quando risulta utile -, esperienze che nell’ambito nazionale sarebbero utili da studiare per applicarle anche alla formazione delle coppie nell’adozione internazionale: in molti Paesi esteri, soprattutto nell’est Europa, ci sono situazioni di minori che da anni vivono in istituto – di fatto abbandonati – i cui parenti sarebbero disposti a darli in adozione internazionale, ma con la ‘garanzia’ di poter mantenere in qualche modo il legame di relazioni con loro.

Ben altro, invece, è stravolgere un’adozione legittima autorizzando un’invasione di campo nella vita di un fratello o sorella ignari dell’esistenza di chi li va a cercare. Un fratello o sorella ormai pienamente inseriti in un contesto di vita e di famiglia autonomo: incontrato, amato, scoperto e faticosamente, ma piacevolmente costruito giorno dopo giorno, che non può essere turbato, sconvolto o distrutto per una curiosità spesso epidermica e comunque quasi sempre tardiva.