“L’adozione è un dono reciproco tra genitori e figli”: 10 anni dopo la sua morte, le parole di san Giovanni Paolo II sono più attuali che mai

giovanni paolo IIL’adozione, “una strada possibile e bella, pur con le sue difficoltà”. Un percorso sempre più messo da parte perché  molte famiglie “vanno ben  oltre il legittimo aiuto che la scienza medica può assicurare alla procreazione” con il solo scopo di avere “un bambino proprio a qualunque costo”. Parole che sembrano, anzi sono, attualissime. Eppure furono pronunciate 15 anni fa, a settembre del 2000, dall’uomo che più di ogni altro ha accompagnato il mondo nel Terzo Millennio. Il 2 aprile 2015 ricorre il decimo anniversario dal giorno in cui san Giovanni Paolo II tornò alla Casa del Padre.

Le sue parole, i suoi interventi, i suoi viaggi hanno contribuito fortemente a rivoluzionare la vita non solo dei fedeli cristiani, ma di tutta la comunità mondiale. Fin dall’inaugurazione del suo pontificato, quando, con la celebre invocazione “Aprite, anzi spalancate le porte a Cristo”, gettò anche le basi del suo impegno da Pontefice per l’abbattimento di quella “cortina di ferro” che divideva il mondo in due e che, in nome dell’ideologia, impediva a milioni di persone di manifestare la propria fede in Dio.

Il suo pontificato è stato uno dei più lunghi di sempre ed è venuto dopo uno dei più brevi dei 2000 anni di storia della Chiesa, i famosi 33 giorni di Papa Luciani. Da quel 16 ottobre 1978 quando all’”habemus papam” seguì il nome del cardinale di Cracovia, fino al 2 aprile 2005, san Giovanni Paolo II ha spesso dedicato il suo pensiero e le sue parole ai bambini, senza mai dimenticare quelli abbandonati.

Definendo l’adozione “una grande opera d’amore” e “uno scambio di doni”, nel corso di un incontro con le famiglie adottive a settembre 2000, Papa Wojtyla volle sottolineare come il rapporto con un figlio adottato non sia mai inferiore a quello con un figlio concepito, perché “l’amore che genera è innanzitutto dono di sé”. E anche adottare vuol dire generare: “una generazione che avviene attraverso l’accoglienza, la premura, la dedizione”. Pertanto, il rapporto tra genitori e figli “non si misura solo sui rapporti genetici”. Anzi, la relazione che scaturisce dall’adozione “è così intima e duratura da non essere per nulla inferiore a quella fondata sull’appartenenza biologica.

In ogni caso, ricordava san Giovanni Paolo II, per assicurare al bambino “quel clima di cui egli ha bisogno per il suo pieno sviluppo umano” è necessaria “una famiglia stabilmente legata dal vincolo matrimoniale”. La famiglia, infatti, è il primo luogo nel quale (i bambini) si aprono al mondo, come disse Papa Wojtyla nel suo messaggio di inizio anno del 1996. “I genitori – disse in quell’occasione – hanno una straordinaria possibilità per aprire i figli alla conoscenza di questo grande valore: la testimonianza del loro amore reciproco. Nello stesso giorno, parlando alla folla che gremiva piazza San Pietro, il Papa ammonì che “i bambini non sono pesi per la società, non sono strumenti per il guadagno, né semplicemente persone senza diritti: sono membri preziosi del consorzio umano, del quale incarnano le speranze, le attese, le potenzialità. Sono addirittura a centro del messaggio evangelico. Come scrisse lo stesso Wojtyla nella sua “Lettera ai bambini” del 1994, “il Vangelo è profondamente permeato della verità sul bambino. Lo si potrebbe persino leggere nel suo insieme come il ‘Vangelo del bambino’.

Lo stesso san Giovanni Paolo II una volta disse che avrebbe voluto entrare nella memoria dei fedeli come “il Papa della Famiglia”. Lo ha ricordato così Papa Francesco, ovvero colui che lo ha canonizzato il 27 aprile 2014, a soli 9 anni da quel 2 aprile 2015, in cui , alle 21.37, la Chiesa e il mondo intero si fermarono  in silenzio e in preghiera.

 

Fonti: la Repubblica, Regina Mundi