L’Africa nuova frontiera dell’utero in affitto. E i bimbi abbandonati restano tali…

Il silenzio assordante dell’Occidente “progressista” e “civile” verso una forma di ingiustizia che grida vendetta

Il nuovo colonialismo, nel continente africano, assume diverse forme. Forme che, rispetto al colonialismo storico, quello fatto di uniformi, armi e annessioni immediatamente visibili, hanno il medesimo fine ma apparenze diverse. Più suadenti, più impalpabili, più meschine. Tra queste va sicuramente annoverata la “filiera” dell’utero in affitto. Dopo la chiusura di diversi Paesi asiatici (Laos, Vietnam e Cambogia, solo per citarne alcuni) a questa pratica, il nuovo porto franco dell’acquisto di neonati è l’Africa.

Dati i costi, relativamente bassi, le coppie, soprattutto omosessuali ma anche non, del cosiddetto Primo Mondo hanno trovato nelle martoriate terre africane (Kenya e Ghana in primis) il nuovo punto di riferimento per la maternità surrogata. “La surrogacy negli Stati Uniti costa circa 120mila dollari – racconta per esempio Joseph Tito, aspirante padre gay che tiene un blog sul web – non avevo quei soldi così ho cercato altri posti dove un uomo single potesse intraprendere questo percorso (…) Così ho trovato una clinica in India che ha aperto una filiale in Kenya ed è lì che ho deciso di iniziare la mia avventura”. Lì affittare una madre per dare vita a un figlio nato da “ovulo caucasico” gli costerà “soltanto” 45mila euro.

Così, mentre in Occidente c’è chi reclama l’utero in affitto come una “battaglia di civiltà”, in Paesi come il Kenya, che attualmente ha bloccato le adozioni internazionali di minori in stato di abbandono (una situazione che si verifica ancora in tantissimi Paesi africani, come anche l’Etiopia), i bambini vengono “comprati” da madri povere, costrette a vedersi strappato il neonato dal grembo per il capriccio di coppie non solo omosessuali, in cambio di un pagamento in denaro…

L’Occidente “progressista” e “civile”, pronto a scandalizzarsi (a volte anche comprensibilmente, sia chiaro) per la chiusura di tanti governi alla immigrazione illegale, non si scandalizza invece per una pratica barbara e brutale che avviene negli stessi Paesi d’origine di quei disperati. Perché questo silenzio assordante? E perché nessuno mette in evidenza lo stridente contrasto con la chiusura di quegli stessi Paesi che consentono questo tipo di pratiche alla adozione internazionale, un gesto che, anziché creare nuove ingiustizie, cerca di porre rimedio alla peggiore ingiustizia della Terra, quella dell’abbandono di milioni di figli in tutto il pianeta? Una domanda, questa, che picchia duro, come un pugno in pieno stomaco. Sì, lo stomaco pingue e insensibile della cosiddetta “società del progresso”…